Ludopatia: tra gioco d’azzardo e gambling

A cura della Dott.ssa Daniela Cusimano, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico-Italia

Abstract

Starting from the word ludo pathy, which must be sought in specific psychiatric and psychological contents, this article will represent some psychological dynamics of this pathology. First, will the origin of the word and its meaning over time be analyzed, then outlined the psychiatric diagnostic subdivision, which has recently seen exciting changes, to then finally outlines some aspects of psychological functioning DSM 5 has made exciting changes in the conceptualization of the disorder, introducing the classification of gambling disorder among the “Disorders related to substances and addictive disorders”, thus combining it with other addictive disorders. If, on the one hand, the DSM makes it easier to make a meticulous description of the player, on the other hand, it does not provide us with an interpretation of the psychological functioning, which is articulated and not attributable only to manifest behaviours. Subsequently, will specific characteristics of the functioning of gamblers will be traced, examining the dynamics underlying the activation of the vicious circle of addiction as rigorously connected to affective states, often perceived by gamblers as causes of disturbance, so much so that they have to be removed through game action. In light of what has been said, gambling addiction will be counted as a failure in the execution of the ability to play, understood as an intermediate space in which the internal and external worlds express themselves. Gambling addiction is thus defined as an expression of the failure to normalize and fully experience one’s inner world in the real world. The problematic ability to discern, understand and develop one’s emotional states present in gambling addicts requires careful evaluation to prevent and intervene.

Riassunto

Partendo dalla parola ludopatia, che va ricercata in contenuti specifici di tipo psichiatrico e psicologico, il fine di questo articolo sarà quello  di rappresentare alcune dinamiche psicologiche di questa patologia, prima verrà analizzata l’origine della parola e il suo significato nel tempo , poi verrà delineata la suddivisione diagnostica psichiatrica, che ha di recente visto interessanti modifiche, per poi delineare alla fine  alcuni aspetti del funzionamento psicologico Il DSM 5 ha apportato interessanti modifiche nella concettualizzazione del disturbo, introducendo la classificazione del Disturbo da gioco d’azzardo tra i “Disturbi correlati a sostanze e Disturbi da addiction”, accostandolo così agli altri disturbi di tipo dipendente. Se da un lato il DSM facilita a fare una descrizione meticolosa del giocatore, dall’altro lato però non ci munisce un’interpretazione del funzionamento psicologico, che è articolato e non riconducibile solo a comportamenti manifesti. Successivamente verranno tracciate certe caratteristiche proprie del funzionamento dei giocatori d’azzardo, esaminando la dinamica soggiacente all’attivazione del circolo vizioso della dipendenza come rigorosamente connessa agli stati affettivi, spesso percepiti dai giocatori come cause di disturbo, tanto da dover essere allontanati tramite l’azione del gioco. Alla luce di quanto detto, la ludopatia verrà annoverata come un fallimento nell’ esecuzione della capacità di giocare, intesa come uno spazio intermedio in cui si esprimono mondo interno ed esterno. La dipendenza da gioco d’azzardo è così definita come espressione del fallimento di normalizzare e vivere con pienezza nel mondo reale il proprio mondo interno. La problematicità nella capacità di discernere, comprendere e sviluppare i propri stati emotivi presenti nei dipendenti da gioco d’azzardo comporta un’attenta valutazione al fine di prevenire ed intervenire.

Ludopatia

Introduzione:

Il gioco conduce e attraversa l’esistenza umana fin dalle origini del suo stesso esserci. È oggetto del nostro esaminare e del nostro diffondere dagli inizi della storia del pensiero. Già Platone scriveva che «l’uomo è fatto per essere un giocattolo, strumento di Dio, e ciò è veramente la migliore cosa in lui. Egli deve ,dunque, seguendo quella natura e giocando i giochi più belli, vivere la sua vita, proprio all’inverso di come fa ora». Nel gioco di Platone l’uomo è soltanto un giocattolo nelle mani degli dei, non un giocatore che possa sedersi al loro tavolo. In realtà la concezione platonica del mondo rimanda ad una compagine perfettamente razionale e prende dunque nettamente posizione contro la comprensione tragica del mondo di cui, come vedremo, il gioco è espressione. (Platone 1983, pp. 228). Ma anche Aristotele discerneva il gioco dal lavoro, accomunando il primo alla felicità e alla virtù data la sua alterità dalla necessita e dal bisogno, e data la sua intrinseca relazione con l’ autosufficienza e la libertà (Aristotele 1983). Alla luce delle citazioni fatte , la circostanza si intralcia quando iniziamo a percepire che  il gioco prende e apre una soggettività in proprio, automa, altra da quella dei giocatori. Nel pensiero di Gadamer (1960) il gioco svolge una funzione autonoma rispetto ai giocatori che avvertono come il gioco li sfrutti:” L’autentico soggetto del gioco non è il giocatore ma il gioco stesso. È il gioco che ha in sua balia il giocatore, lo irretisce nel gioco, lo fa stare al gioco. Il gioco come tale non lascia più sussistere per nessuno l’identità di chi gioca. Tutti domandano solo più che cosa è il gioco, che cosa esso significa. I giocatori non sono più; ciò che è, è solo ciò che da essi è giocato.” Quest’aspetto del gioco si mostra chiaramente nell’arte, la quale, proprio come il gioco, è una realtà concreta ed autonoma che, per una specie di primato, trascende i singoli fruitori e autori, non protagonisti, ma giocatori di un gioco che li supera. Nel gioco continua Gadamer nel suo scritto del 1960, si rivela anche il rischio esistenziale dell’aut-aut della libertà di scelta: “Il primato del gioco rispetto ai giocatori, quando si tratta del soggetto umano che si atteggia nel comportamento ludico, viene riconosciuto in maniera peculiare anche dai giocatori stessi. Ancora una volta sono qui gli usi impropri della parola a fornire le migliori indicazioni per scoprire la sua natura propria. Si dice ad esempio di qualcuno che “gioca” con le possibilità o con i progetti. Ciò che si intende dire con tale espressione è chiaro: quel tale non si è ancora seriamente risolto per quelle possibilità. D’altro lato, però, tale libertà non è priva di pericoli. Anzi il gioco stesso è un rischio per chi lo gioca. Solo con possibilità serie si può giocare. Ciò significa chiaramente che uno si abbandona ad esse al punto che possono prendere il sopravvento e farsi valere contro di lui. Il fascino che il gioco esercita sul giocatore risiede proprio in questo rischio. Ciò che si gode in esso è una libertà di decisione che però nello stesso tempo è minacciata è irrevocabilmente limitata. Si pensi ad esempio ai giochi di pazienza. Ma lo stesso vale nell’ambito della vita seria. Se qualcuno, per compiacersi della propria libertà di scelta, sfugge a decisioni importanti e urgenti, oppure si occupa di possibilità che in realtà non prende sul serio e che quindi non implicano il rischio che egli le scelga e, di conseguenza si limiti, costui lo si chiama in tedesco verspielt tradotto diventa poco serio”.(Gadamer ibidem). Peraltro il gioco rimane come attività libera con la quale si realizza consciamente una realtà immaginaria. Una realtà differente da quella della vita odierna, distaccata , in quanto non collegata a definiti scopi materiali di conservazione e contraddistinta da regole chiaramente volute e osservate a difesa e per la sopravvivenza di uno determinato mondo ludico. Un mondo che ha nel gioco una  particolare ed essenziale “invariante culturale”.  Alla luce di quanto detto sino adesso sembra adeguato esaminare la natura stessa del gioco d’azzardo, ovvero di quella attività ludica , lecita e piacevole , che fa parte come abbiamo visto della cultura fin dall’antichità che è presente e fortemente radicata in tutte le società, pur contenendo evidenti fattori di rischio. Non è un caso che già  nel 1939 Huizinga parla di Homo Ludens.  Nel suo significato più largo il termine ludico deriva dal latino ludus , che significa gioco, divertimento e svago, va oltre il solo ambito del gioco infantile , rimanda ad un aspetto fortemente radicato nella tradizione culturale , politica e civile(Cambi e Staccioli , 2007).  Il gioco d’azzardo immerge le sue radici in un passato remoto. Basti pensare al  termine stesso azzardo, che deriva dalla parola francese hazard, di conseguenza dal termine arabo az-zahr, che anticamente indicava il dado da gioco. Da un punto di vista storico e antropologico il gioco d’azzardo e gli strumenti da gioco si possono far risalire ai rituali magico-religiosi delle società primitive preistoriche. Tali usanze vive in ogni cultura di cui si abbia consapevolezza , avevano l’obiettivo di prevedere il futuro o di interpretare ciò che non era comprensibile. Il passo successivo di questa crescita nei rituali è constato nell’accostare a queste forme di divinazione delle offerte agli Dei o al Fato in cambio di aiuto. Si offrivano dei doni e dei sacrifici che potevano implicare dei rischi personali , delle vere e propri scommesse che convertivano le persone da meri osservatori a partecipanti attivi coinvolti nel processo divinatorio, capaci quindi di influenzarne l’esito (Schwartz, 2007). Tali tipi di rituali si approssimano molto al concetto odierno di gioco d’azzardo. I primi tentativi di definire il gioco d’azzardo patologico da un punto di vista nosografico risalgono alla fine del XIX secolo. Durante tutto il secolo successivo il dibattito sulla natura ha attirato molti studiosi di discipline scientifiche differenti. Il dibattito è tutt’oggi aperto è si focalizza su tre aspetti il gioco d’azzardo è una forma di dipendenza? Costituisce una malattia a se stante? quali sono i sintomi e comportamenti che fanno pensare alla diagnosi gioco d’azzardo?

Considerazioni:

La ludopatia o gioco d’azzardo rappresenta  un’ attività sociale  in enorme espansione e, per la stragrande parte delle persone, senza nessuna  conseguenza. Il giocare d’azzardo raffigurerebbe per molta gente un “mondo altro e parallelo” in antitesi  ad un mondo formalmente dominato da razionalità e da calcolo. Un mondo “altro” che permette” di vivere un’ avventura , una minaccia, o di desiderare in “un magico cambiamento delle propria vita”. Ma giocare d’azzardo è altresì per parecchi una circostanza per colmare o non vedere momenti di noia, di mancanza di senso, di depressione, di insoddisfazione. Elementi questi che spesso sono il basamento del ricorso al gioco, ma che osano  trasformarsi in “un movente” : sia esso l’eccitazione, lo sfoggio d’abilità, l’intrattenimento, la possibilità di vincere (Lavanco, Varveri, 2001). Il  giocare diviene uno “spazio magico altro e vitale” che difende dal mondo esterno e tramite il quale è possibile creare una risorsa immaginaria fatta di sogni e fantasie, di altri sé. Uno spazio svincolato da scelte, da limiti, da fatiche, da “principi di realtà” e dove è possibile raggruppare dimensioni dicotomiche quali: identità/disidentità ; aspettative/frustrazioni; ansie/sogni; onnipotenza/fragilità” (Croce, Lavanco,Varveri, 2001). Ciò che è importante evidenziare  come si stia constatando nell’offerta e nel consumo di gioco d’azzardo una importante trasformazione. Una modificazione non solo di tipo quantitativo, ma anche di tipo qualitativo per via dell’introduzione di giochi con caratteristiche di maggiore socialità. La tendenza al gioco d’azzardo è un fenomeno in continuo aumento negli ultimi anni, nonostante la pesante crisi economica. L’arrivo del gioco online ha permesso il gambling avvicinabile a tutti, tanto da divenire una sparsa opportunità messa  a disposizione di un collettivo costantemente più grande ed differenziato. Dopo tutto, i consueti giochi di scommesse come il Lotto, il Super Enalotto e il Totocalcio sono oggi fruibili anche nell’ esattorie online. Contemporaneamente, si sono propagati i casinò online che consentono di entrare perfettamente a un ampio e distinto numero di giochi tramite singoli passaggi. Non possiamo non menzionare le slot machine e dei VLT che troviamo in svariati esercizi commerciali, anche per via della graduale apertura del mercato del gioco d’azzardo (Tonioli, 2011). Tutto ciò ha portato ad un incremento regolare nel tempo delle entrate fiscali. Eppure, i rischi e le ricadute sociali derivanti dalle attività dei giochi, risultano essere elevati,  tanto da divenire talora una vera e particolare patologia. Non è una coincidenza che la letteratura si stia occupando  sempre più a del gioco d’azzardo patologico che è stato identificato come disturbo.

Nel DSM 5 il Disturbo da Gioco d’Azzardo è stato descritto come un comportamento difficile costante e ripetuto che porta al malessere o compromissione clinicamente evidente. Detto ciò possiamo dir che la ludopatia è la continua inettitudine di gestire e opporsi all’impulso di effettuare comportamenti indirizzati al gioco. Tali comportamenti, solitamente perseveranti e progressivamente accentuati, ricadono sul funzionamento della persona in altre aree di vita come famiglia e lavoro. Il gioco d’azzardo non è altro che  una forma di comportamento che racchiude  in sé la scommessa di denaro o di oggetti di valore sugli esiti di un gioco, di una gara o di qualsiasi altro caso il cui esito è incerto e definito da un certo grado di probabilità (Blaszczynski, 2000). A sua volta le vincite e le perdite nei giochi d’azzardo sono, almeno in parte, attribuibili al caso e non ad una maggiore o minore abilità del giocatore a differenze dei giochi di competizione (Lavanco & Croce, 2008). Basti pensare all’origine  stessa della parola ludopatia tale termine è composto da fondamenti di origine greca e/o latina: ludo- ossia corrispondente al gioco, e -patia dal greco, che vuol dire uno stato di sofferenza, malattia. Quindi la ludopatia denoterebbe la malattia del gioco. Il senso di ludopatia come malattia del gioco si è  trasmesso tramite  i giornali e i mass media e, in seguito, con progetti sostenuti da vari enti e associazioni,  con il  compito di sensibilizzare e fare fronte questo problema, e con l’utilizzo di tale locuzione in circolari e leggi governative. Ne è un  caso il decreto-legge (158/12) convertito ora in legge (189/12), la ludopatia, viene intesa come gioco d’azzardo patologico, è stata introdotta dal Ministero della Sanità nei livelli necessari di assistenza sanitaria ,i cosiddetti Lea, nell’articolo 5 denominato “Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con particolare riferimento alle persone affette da malattie croniche, da malattie rare, nonché da ludopatia” (Bartezzaghi, 2008). Al comma 2, infatti, si fa riferimento alla ludopatia come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Bartezzaghi, 2008). Si determina inoltre  che la parola ludopatia non è quella impiegata dagli specialisti del settore in ambito psicologico e medico. Anche se molto spesso viene usata come sinonimo, in termini diagnostici si riferisce al “Disturbo da Gioco d’Azzardo”. I sintomi della ludopatia e l’ andamento del disturbo sono conformi a quelli dei disturbi da uso di sostanza e possono essere suddivisi in fenomeni specifici e aspecifici: tra i fenomeni specifici  abbiamo il craving, assuefazione, tolleranza, astinenza); mentre tra i fenomeni aspecifici abbiamo la depressione, irritabilità, disturbi delle funzioni cognitive, incremento della quota di ansia generalizzata, disturbi psicosomatici, disturbi del ritmo sonno-veglia. La persona con disturbo da gioco d’azzardo mostra quattro (o più) tra queste caratteristiche : sente il  bisogno, per giocare d’azzardo, di quantità fiorenti di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata; molto spesso è agitata o nervosa se tenta di ridurre o di interrompere di giocare d’azzardo; ha eseguito ripetuti sforzi improduttivi per controllare, ridurre o sospendere di giocare d’azzardo; spesso gioca per quietare o governare emozioni o gioca quando prova disagio , si sente indifesa, in colpa, in ansia; ha messo in pericolo o ha lasciato una relazione significativa, il lavoro, occasioni di studio o carriera a causa del gioco; pone fiducia sugli altri per procacciare il denaro necessario per chiarire questioni finanziarie problematiche determinate dal comportamento di gioco. Diverse possono essere le cause dello sviluppo di una ludopatia per esempio secondo le teorie biologiche fanno riferimento alle  predisposizioni fisiologiche che possono influire con la storia di vita della persona e con i fattori ambientali. Infatti, le persone che hanno delle dipendenze appaiono avere delle debolezze neurobiologiche, problemi nel controllo degli impulsi, difficoltà in alcune funzioni di ragionamento connesse e alterazioni nei sistemi di alcuni neurotrasmettitori, soprattutto quelli che interessano la dopamina, la serotonina e la noradrenalina (Ibánez, Blanco, de Castro, Fernandez-Piqueras & Sáiz-Ruiz, 2003). Inoltre i giocatori che hanno una dipendenza da gioco d’azzardo sembrano manifestare certune caratteristiche psicologiche comuni ad altri tipi di dipendenza, come  l’impulsività, la tendenza al discontrollo e alcuni tratti di personalità tra cui  borderline, narcisistici e antisociali (Marazziti et al., 2015). Si è visto che la propensione al gioco d’azzardo sia più presente all’interno della stessa famiglia. Oltre a questi fattori individuali disponenti di tipo genetico, fisiologico ed educativo/ambientale, aiutano all’esordio e alla stabilizzazione di questa dipendenza anche fattori piombanti e di conservazione, rintracciabili in contesti ambientali e familiari. Ad oggi appare essere più soddisfacente un modello integrato del gioco d’azzardo preoccupante, che possa comprendere molteplici concause nello sviluppo e nel mantenimento del disturbo. Alla luce di quanto detto fino adesso possiamo affermare che il disturbo da gioco d’azzardo, nasce e si estende tramite una mescolanza di fattori biologici, sociali e psicologici (Sharpe, 2002). Secondo tale concettualizzazione la ludopatia si manifesta attraverso: fattori predisponenti e facilitanti: dove troviamo la storia familiare, i fattori genetici e anomalie neurobiologiche, il modellamento, ovvero l’apprendimento fondato sull’osservazione e imitazione di un dato comportamento (Bandura, 1972), sviluppo di bassa autoefficacia, distorsioni cognitive; fattori precipitanti o scatenanti in cui rientrano gli  eventi di  vita che servono da fattori scatenanti accostando la persona al gioco per la prima volta; per finire abbiamo i fattori di mantenimento come i rinforzi dati  dall’emissione del comportamento di gioco, come le  vincite, socializzazione, fuga dai problemi, eccitazione, sollievo da umore depresso. Ovviamente  quando facciamo riferimento a fattori o situazioni aizzanti bisogna sempre valutare anche i fattori che innescano i singoli episodi di gioco d’azzardo, come il passeggiare in prossimità di un tabacchi o intravedere una slot machine; queste situazioni o anche il solo pensiero  possono determinare il comportamento problematico in persone che hanno portato alla dipendenza.

Conclusioni:

In Italia si sente ancora parlare di vizio del gioco. Bisogna ammettere che il disturbo da gioco d’azzardo non è solo un vizio o un fenomeno sociale; esso è, proprio un disturbo e in quanto tale va identificato e analizzato. Sfortunatamente, come per molte delle dipendenze comportamentali, è difficile far intendere il livello di problematicità di un comportamento; il consenso sociale di certi comportamenti, avvertiti come ludici e di intrattenimento, rischia di incoraggiare e mimetizzare alcuni comportamenti problema. Bisogna aver presente che un comportamento diffuso, acconsentito e formalmente innocuo può tramutarsi e in alcuni casi può divenire molto problematico. Allora diventa importante  discernere i primi segnali di problematicità e divenire consapevoli del fatto che un comportamento di gioco potrebbe deviare da comportamento sociale e di svago a comportamento problematico di interesse clinico. Mettiamo il caso che si cominciassero a evidenziare comportamenti e sensazioni come quelli descritti nel presente articolo, sarebbe appropriato interpellare un professionista. Bisogna quindi porre l’attenzione al legame che la nostra mente fa quando collega l’esito del risultato e l’ azione che lo ha concepito. In poche parole per la nostra mente ad un risultato positivo coincide sempre un’azione razionale e giusta, questo modo di procedere diventa a volte pericoloso quando lavoriamo in ambienti in cui è possibile trionfare anche eseguendo un’azione irrazionale. In queste situazioni, siamo predisposti a vagliare azioni irrazionali come corrette e quindi saremo portati a replicarle nel tempo, questo irrimediabilmente ci porterà grosse perdite nel futuro. La consapevolezza di questa problematica ci porta un beneficio molto importante che fa riferimento al percorso di crescita personale in cui assimiliamo a dividere dal singolo risultato. Abbiamo anche In questo articolo ho portato l’attenzione al legame diretto che la nostra mente associa all’esito del risultato e alla azione che lo ha generato. In pratica per la nostra mente ad un risultato positivo corrisponde sempre un’azione razionale e giusta, questo modo di agire risulta essere pericoloso quando lavoriamo in ambienti in cui è possibile vincere anche facendo un’azione irrazionale. In queste situazioni, siamo predisposti a considerare azioni irrazionali come corrette e quindi saremo portati a ripeterle nel tempo, questo inevitabilmente ci porterà grosse perdite nel futuro. La consapevolezza di questa problematica ci porta un beneficio molto importante che riguarda il percorso di crescita personale in cui impariamo a dissociarsi dal singolo risultato. Abbiamo anche notato che questa predisposizione mentale può essere adeguata anche in situazioni molto differenti da quella del gioco d’azzardo. Infatti ogni nostra azione in qualsiasi ambito è sempre orientata alla massimizzazione del risultato. Di conseguenza dissociarsi dal risultato può migliorare la nostra capacità di problem-solving aiutandoci a trovare soluzioni originali ed innovative che questa predisposizione mentale può essere utile anche in situazioni molto differente da quella del gioco d’azzardo. Infatti ogni nostra azione in qualsiasi ambito è sempre orientata alla massimizzazione del risultato.

_____________________________________________

Bibliografia:

American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders (DSM-5) (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.

Aristotele (1983), Politica, in Opere, vol.IX, Laterza, Bari.

Bandura, A. (1972). Modeling theory: Some traditions, trends, and disputes. In R. D. Parke (Cur.), Recent trends in social learning theory (pp. 35-61). Academic Press.

Bartezzaghi, S. (2008). Il gioco infinito. Forme, linguaggi, sconfinamenti, patologie. Aut Aut. Indagine sul gioco, 25(337), .

Blaszczynski, A. (2000). Pathways to pathological gambling: Identifying typologies. Journal of Gambling Issues, .

Cambi e Staccioli , Il gioco in Occidente storia, teorie, pratiche ,edizione Laterza, 2007

Gadamer H.G. Verità e metodo, Ed. Bompiani 1960

Ibánez, A., Blanco, C., de Castro, I. P., Fernandez-Piqueras, J., & Sáiz-Ruiz, J. (2003). Genetics of pathological gambling. Journal of Gambling Studies,19(1), 11-22.

Lavanco, G., & Croce, M.(2008). Psicologia delle dipendenze sociali: mondo interno e comunità. Milano: McGraw-Hill.

Lavanco G. (2001) , Psicologia del gioco d’azzardo, McGraw-Hill, Milano

Marazziti, D., Presta, S., Picchetti, M., & Dell’Osso, L. (2015). Behavioral addiction: clinical and therapeutic aspects. Journal of Psychopathology, 21, 72-84.

Platone (1983), Leggi, in Opere complete, vol.VII, Laterza, Bari.

Sharpe, L. (2002). A reformulated cognitive–behavioral model of problem gambling: A biopsychosocial perspective. Clinical Psychology Review, 22(1), 1-25.

Dott.ssa Daniela Cusimano, Coordinatrice PSP-Italia