Epifania e Befana: tra viaggio, riconoscimento e dono

A cura del Prof. Mariano Indelicato, Presidente Pronto Soccorso Psicologico-Italia

Epifania e Befana

Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurati che la strada sia lunga, fertile in avventure ed esperienze… Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu ricco dei tesori accumulati per strada… (Kostantinos Kavafis).

L’epifania chiude le festività natalizie dando luogo a due manifestazioni in apparenza contradditorie: una legata al sacro, ovvero alla manifestazione del Signore (dal significato letterale del termine) e, l’altra, alla befana che porta regali ai bambini buoni e cattivi, ovvero caramelle e leccornie ai primi e carbone ai secondi.

In effetti, l’apparente conflitto trova tanti elementi comuni: ambedue sono, secondo la tradizione, manifestazione del sacro che prende corpo e vita attraverso la figura di Gesù di Nazareth, figlio di Dio, e della befana che è manifestazione della “Grande Madre Terra”. Inoltre, ambedue sono manifestazione del dono, del bene incondizionato che proviene dall’aldilà, dal non conosciuto, dalla manifestazione dell’invisibile, dalla vera essenza creatrice della vita indipendentemente che sia Dio o la Grande Madre Terra.

In Olanda, come ci informa Cigoli analizzando il quadro di Jan Steen “La Festa di San Nicola” conservato presso il Rijsksmuseum di Amsterdam, per la festa di San Nicola (che in Olanda si celebra il 6 gennaio) arriva Babbo Natale alla vigilia della quale i bambini appendono le scarpe e le calze che, se sono stati buoni ed attenti negli studi, vengono riempite con leccornie, mentre ci sarà una bacchetta in salamoia per gli indisciplinati.

“La Festa di San Nicola”, Jean Steen

La lettura di Cigoli risulta interessante poiché mette in risalto come i legami familiari e generazionali possono essere contraddistinti dal dono. Scrive Cigoli: “[…] il centro è occupato dalla bambina bionda che stringe a sé il regalo tanto desiderato, la bambola, mentre la madre la invita a fargliela vedere. A sinistra il figlio più grande frigna perché chi è cattivo non riceve doni, e suo fratello si prende gioco di lui. In realtà la nonna lo invita con il dito a seguirla; dietro la tenda c’è infatti un dono anche per lui. Infine il padre con in braccio il più piccolo dei figli, invita a guardare verso l’alto, la da dove Santa Klaus viene per lasciare doni. Qui dunque il sacro assume la forma della magia del dono, un segno del bene incondizionato che deve venire dalle generazioni precedenti”.

Se analizziamo, infatti, le manifestazioni del 6 gennaio è facile arrivare alla conclusione che sono la “celebrazione del dono come pegno e/o simbolo della manifestazione del legame”.

Gesù di Nazareth si manifesta agli uomini come figlio di Dio per rinnovare il legame con essi, ed i Re Magi, seguendo la stella cometa,vanno a rendergli omaggio dal lontano oriente per legarsi al sacro. Hanno dovuto affrontare un lungo tragitto e affrontare vari ostacoli per raggiungere la meta. D’altronde ogni cammino, ogni viaggio assume le sembianze di quello iniziatico. Il cammino, infatti, permette di riscoprirci in un tempo e in uno spazio diverso. Mettersi in cammino significa abbandonare tante volte la propria confort zone per vivere la meravigliosa esperienza della rinascita all’interno del cambiamento.

In effetti, si viaggia non solo per conoscere nuovi luoghi ma, nel contempo, per riaffermare uno dei principi su cui si fonda la vita psichica, ovvero la ricerca degli Altri e/o dell’Altro: “abbiamo bisogno degli altri per essere vivi” (Kohut). Si viaggia in tempi, luoghi e culture diverse per rigenerarsi ma, nello stesso tempo, per rinascere: è l’incontro con l’Altro, con il diverso da noi che permette la scoperta continua di tesori nascosti che pensavamo di non possedere. Il cammino permette di ritornare alle infantili memorie di caccia al tesoro che costituiscono uno sbiadito riflesso di un viaggio tutto metaforico attraverso prove da superare, e volto al raggiungimento di un tesoro che è tale solo in senso figurato.

É nella figura di Pinocchio che possiamo trovare l’epigenesi del viaggio che, dopo varie peripezie e ricerche da burattino, si riscopre bambino. Le prove da affrontare sono tante. Ognuno deve attraversare il suo Mar Rosso e confrontarsi con la molteplicità della realtà e dei “mondi” fisicamente ed esistenzialmente intesi: Gulliver come Pantagruele, Giasone come Ulisse sono contemporaneamente esploratori di mondi diversi e di diversi piani dell’esistenza.

E’ talmente importante la simbologia del viaggio che sul piano mitologico l’uomo ci arriva con molto ritardo, nel senso che esso precede ed è metafora della stessa esistenza umana. Il viaggio del sole che risorge dal buio dando consistenza, visibilità e fisicità agli oggetti facendoli riscoprire nuovi ogni volta, precede l’emersione della coscienza dal nero dell’inconscio.

Jung, facendo riferimento ai miti e ai riti degli indiani Pueblos che vedono gli uomini impegnati ad aiutare il sole nel suo cammino, sostiene che il percorso che porta dalle tenebre alla luce narra certamente della via che porta dalle dimensioni dell’inconscio originario verso la coscienza. Questa narrazione descrive le origini, la realtà (e forse anche il destino) dell’uomo, metaforicamente in viaggio dalle oscurità di un’esistenza pre-umana, priva di autocoscienza verso mondi sempre più illuminati dalla consapevolezza.

E’ nel viaggio delle generazioni che l’inconscio si riempie di nuovi miti e rituali narrativi. E’ nella quotidianità che ciò che è visibile è messo in luce, mentre l’invisibile è avvolto dalle tenebre e, in quanto tale, incontrollabile. Gli oggetti avvolti dal buio possono assumere mille e più forme e sono la fonte principale delle paure infantili. Generalmente, la notte è popolata da mostri ed esseri strani che al contatto della luce improvvisamente scompaiono: basta accendere una semplice lampada per far giustizia delle paure che improvvisamente si liquefanno nel nulla.

I Magi nel loro viaggio cercano “la luce” guidati dalla splendente della stella cometa. Gesù nei Vangeli viene indicato come la luce del mondo venuto a redimere una umanità in peccato. Nella storia dell’arte, in tutti i quadri raffiguranti la Natività, la luce non proviene dall’esterno ma è emanata dagli occhi di Gesù Bambino. Basta citare a questo proposito:

  • la Natività di Barroccio, in cui la Madonna viene irradiata dalla luce proveniente dalla culla con il bambino;
  • la Santa Notte di Correggio, nella quale l’adoratrice si mette la mano davanti agli occhi a mo’ di riparo per non essere abbagliata;
  • la Natività di Piero della Francesca;
  • l’Adorazione dei pastori di Gherardo Delle Notti, in cui i volti dei pastorelli vengono illuminati dalla luce proveniente dalla culla.

Nella pittura la luce esalta la figura rispetto allo sfondo mettendola in rilevo: è nel gioco delle luci e delle ombre che la materia pittorica prende forma e l’artista può esprimere il suo pensiero. Inoltre, la luce dona agli oggetti colore, brillantezza, rilievo, li mette al centro della scena facendoli, come succede nella realtà, emergere dal buio che costituisce, comunque, il necessario sfondo.

E’ nella luce dello scambio di sguardi tra madre e bambino che Winncott individua la “sintonizzazione affettiva” che consente al bambino di acquisire la capacità di regolare le emozioni. E’ nelle continue esperienze interpersonali di sintonizzazione affettiva che il bambino riscopre l’organizzazione del Sé e stabilisce un adeguato equilibrio tra emozioni positive e negative. E’ in questo rispecchiamento empatico il correlato dello sviluppo dei circuiti neurali implicati nella modulazione delle emozioni attraverso i neuroni specchio. Il “rispecchiamento” esprime l’esigenza primordiale e quasi trascendentale del bisogno dell’uomo di riconoscimento.

Piromalli, a tal proposito, afferma che “in totale assenza di qualsivoglia pratica riconoscitiva la riproduzione delle società sarebbe impossibile, come lo sarebbe per il singolo individuo la conduzione di una vita propriamente umana, in quanto caratterizzata da una seppur elementare fiducia in sé e nel proprio ambiente relazionale. Al venir misconosciuti si associano sentimenti di reazione negativa come il risentimento, l’ira o la vergogna: essi fanno percepire al soggetto la lesione infertagli con la privazione del riconoscimento e possono fornire a esso la spinta psichica per azioni volte a recuperare quest’ultimo”. Ricoeur in una relazione si chiede: “chi può dire di essere stato riconosciuto? Quando sappiamo e quando crediamo di essere stati riconosciuti? E ugualmente, noi possiamo essere riconosciuti?”. Nel rispondere a queste domande si rifà al dono introducendo il concetto di “Mutualitè” ovvero di reciprocità la quale, se viene agita dagli uomini, diventa il pegno e il sostituto di un riconoscimento reciproco che non si riconosce affatto: “dunque il riconoscimento non può attestarsi che nel pegno del regalo”.

I Magi e la befana, non a caso, portano regali: i primi si presentano con oro, incenso e mirra, la seconda caramelle, leccornie varie e carbone. Il dono serve a fare legame con l’Altro inserendosi all’interno di un “triangolo sacro”: donare, ricevere, ricambiare. In tal senso il dono ha un alto valore simbolico e, addirittura, alcune popolazioni della popolazioni della Malesia erano convinti che all’interno di esso si celasse un potere magico: il “mana”.

Il termine “mana” può essere tradotto come “forza sovrannaturale”, “potere spirituale”, “efficacia simbolica” , “forza vitale”. Nelle Hawaii il termine “mana” assume il significato di “forza che viene da dentro”. Mircea Eliade sostiene che il “mana” è insito nella corporeità delle cose: per l’uomo arcaico un oggetto animato o inanimato che sia nel momento in cui si manifesta è dotato di una sua forza vitale.

Il dono ha una sua forza vitale che gli dà il potere di stabilire il legame con l’altro. I Magi e la Befana sanno bene cosa contiene il dono. Quello dei Magi simboleggia la vita in tutte le sue manifestazioni: l’oro è luce, splendore ed espressione della regalità; l’incenso, inebria con il suo profumo e nello stesso tempo sterilizza. Non a caso si utilizza in tutte le cerimonie sacre e il suo odore raggiunge il cielo; la mirra è l’unguento utilizzato per lavare le salme quasi ad indicare che nella vita va contemplata anche la morte.

La Befana, essendo espressione della Grande Madre Terra, premia con i dolci i bimbi buoni e castiga quelli cattivi con il carbone: richiama il rapporto, la relazione tra desiderio e la “Legge”. Il godimento del desiderio è possibile solo all’interno delle prescrizioni etiche e morali della legge. In sostanza la manifestazione della Befana ha un alto valore socializzativo. Per Honneth, infatti, il riconoscimento avviene in tre sfere delle relazioni interpersonali: “nel rapporto di riconoscimento affettivo della famiglia l’individuo umano è riconosciuto come un essere concreto e bisognoso; nel rapporto di riconoscimento cognitivo-formale del diritto lo è invece come astratta persona giuridica; infine, nel rapporto di riconoscimento statale esso viene riconosciuto come universale concreto, vale a dire come soggetto socializzato nella sua unicità”.

Per farsi riconoscere, per scoprire il “chi sono io”, bisogna manifestarsi presentarsi, donarsi all’Altro. Nel momento in cui ci si presenta si inizia a scrivere la propria storia, inizia la narrazione della propria vita. Narrarsi non è un semplice resoconto o una lista di eventi poiché è presente un “paesaggio duplice”: lo “scenario dell’azione”, cioè gli eventi e gli accadimenti, e quello della “coscienza”, costituito dai vissuti emotivi e dagli eventi mentali. Attraverso le narrazioni si racconta ciò che si ricorda e si vuole ricordare, ciò che viene visto e ascoltato; nelle narrazioni emergono le sensazioni, i pensieri, i sentimenti, le emozioni, ovvero le esperienze dei singoli individui.

Arendt sostiene che l’azione umana, che spezza la catena deterministica delle cause e degli effetti introducendo nel mondo sempre qualcosa di nuovo, l’identità del soggetto diviene, da identità fisica che era, un’identità narrativa, dotata di una storia singolare e irripetibile. Per tale motivo, Caillè mette sullo stesso piano azione e dono poiché entrambi sono dotati di senso, del possibile, del nuovo rispetto all’ordine stabilito e ai significati socialmente e culturalmente consacrati. Egli scrive: “Il valore del soggetto è proporzionale a ciò che egli “dona” o, ciò che è la stessa cosa, alla trama delle sue azioni, se poniamo mente al fatto che esiste una molteplicità di manifestazioni dell’agire: dalla gratuità della donazione (riscontrabile nella bellezza o nell’ispirazione) alla fatica e alla pena che in termini di lavoro costa la produzione di un oggetto; dall’amore, la carità e la compassione verso altri all’innovazione e alla creatività di un’opera d’arte”.

Il problema è apparire, inserirsi all’interno del sistema simbolico, farsi riconoscere dalla comunità, inserirsi all’interno di una “grande storia”. E’ il motivo per cui i Magi si mettono in cammino sprezzanti del pericolo a cui potevano andare incontro; anzi, al contrario, portano a termine il loro viaggio sorretti dalla fiducia e dalla speranza che la stella cometa li avrebbe portati alla meta agognata. E’ il motivo per cui la Befana si mette in viaggio mettendosi a disposizione della storia umana. D’altronde ella è donna, e non è un caso: rappresenta il grande utero materno in grado di donarsi per i propri figli e, nel contempo, sa che solo la “mancanza” può far accrescere il desiderio dei figli e, quindi, anche il carbone indica la strada del bene incondizionato che solo le mamme sanno mettere a disposizione dei figli.

I Magi e La Befana sono lì a dirci che nelle sofferenze non siamo da soli, e che è sempre possibile percorrere la strada del cambiamento a patto della nostra disponibilità ad affrontare il viaggio all’interno dei meandri nascosti del nostro inconscio, nella consapevolezza che solo con la loro emersione possiamo essere liberi di scegliere e, contemporaneamente, non essere continuamente condizionati dalle nostre paure.

Dobbiamo essere coscienti che la nostra identità deve essere guidata da una energia dinamica che può incorporare al suo interno in qualsiasi momento il cambiamento e, quindi, liberarci da lacci e lacciuoli che non fanno altro che produrre la stagnazione all’interno della sofferenza.

Tutto ciò passa attraverso il legame con l’Altro e per poter fare legame dobbiamo essere in grado di donare, di ricevere e contraccambiare sostenuti nelle nostre azioni dalla fiducia e dalla speranza.

E’ questo il lavoro che i professionisti del Pronto Soccorso Psicologico Italia svolgono ogni giorno nell’aiutare e nell’indicare la strada del cambiamento. Dobbiamo essere consapevoli che i Magi e la Befana fanno parte della storia collettiva e narrativa di ognuno di noi. Cosi come loro hanno scritto la loro storia mettendosi in cammino a dorso di cammelli o sorvolando a cavallo di una scopa, noi con l’aiuto di validi professionisti possiamo decidere di chiudere le storie di sofferenza seguendo mete che riconducono al benessere.

Dobbiamo essere consapevoli che malgrado notti buie e, a volte, tempestose, il sole immancabilmente risorge ogni mattina.

Prof. Mariano Indelicato, Presidente PSP-Italia