Realtà Virtuale, Metaverso e salute mentale

A cura del Dott. Mattia Indelicato, Dott. in Psicologia Clinica

Abstract

Introducing the Metaverse, Augmented, and Virtual Reality will change people’s ways of life and daily gestures. Floridi, in this regard, has coined the term “mangrove society” to indicate the living conditions of human beings suspended between online and offline. In addition to changing lifestyle habits, introducing new technologies impacts many sectors of science, including psychology and treatments on psychological well-being, so much so that the term cyberpsychology has already been coined. Studies and research on these new systems are in their infancy and show potential future developments and the limits they contain, such as the phenomenon of cybersickness and the impact that the new tools could have on physical and mental health. Furthermore, with new technologies, privacy-related problems are arising, and in part have already occurred, which should be carefully evaluated and regulated.

Riassunto

L’introduzione del Metaverso, la Realtà Aumentata e Virtuale cambieranno le modalità di vita e i gesti quotidiani delle persone. Floridi, a tal proposito, ha coniato il termine di “società delle mangrovie” per indicare le condizioni di vita degli esseri umani sospesi tra l’online e l’offline. Oltre a cambiare le abitudini di vita, l’introduzione delle nuove tecnologie, sta impattando con tanti settori della scienza ivi compresa la psicologia e i trattamenti sul benessere psicologico, tant’è che è già stato coniato il termine di cyberpsychology. Gli studi e le ricerche su questi nuovi sistemi sono alla fase iniziale e mostrano sia gli sviluppi potenziali futuri ma anche i limiti in essi contenuti, come il fenomeno del cybersickness e l’impatto che i nuovi strumenti potrebbero avere sulla salute fisica e psichica. Inoltre, con le nuove tecnologie stanno nascendo, e in parte sono già nati, problemi legati alla privacy che andrebbero attentamente valutati e regolamentati.

Realtà Virtuale, Metaverso e salute mentale

Introduzione

La società contemporanea sta attraversando una profonda ed intermittente rivoluzione digitale, acquisendo i dispositivi tecnologici sempre più spazio nella vita degli esseri umani. Infatti, il filosofo Luciano Floridi (2021) ha coniato il termine di “società delle mangrovie” per riferirsi alla condizione di vita odierna degli esseri umani, costantemente connessa nel web, caratterizzata da una continua interazione tra la realtà fisica e analogica e il mondo virtuale e interattivo (Floridi, 2015), ovvero come da lui stesso affermato «Le mangrovie nascono dove l’acqua salata del mare e quella dolce del fiume o della pioggia si mescolano nell’acqua salmastra. La società delle mangrovie indica metaforicamente una società in cui l’online e l’offline si mescolano nell’esperienza quotidiana (onlife) e gli spazi sono sia digitali sia analogici (infosfera). La popolazione del mondo sta migrando sempre più verso la società delle mangrovie» (Floridi, 2021).

Questo è l’obiettivo promulgato da Zuckerberg con l’introduzione del Metaverso, come da lui stesso affermato nella lettera inviata ai suoi dipendenti nell’Ottobre 2021, ovvero creare un universo digitale accessibile attraverso visori per realtà virtuale (VR) e per realtà aumentata (AR), creandosi un alter ego digitale allo scopo di attuare una fusione tra vita reale e virtuale. L’introduzione di tale progetto da parte di Mark Zuckerberg, proprietario e fondatore dell’azienda Meta costituita da alcuni dei più diffusi e utilizzati social network nella popolazione mondiale, ha portato l’umanità a confrontarsi con quest’idea innovativa, sollevando tutta una serie di dubbi e interrogativi sui vantaggi e sugli svantaggi che tutto ciò potrebbe determinare nella vita degli esseri umani.

Nell’immaginario di Zuckerberg, ispirandosi alla letteratura fantascientifica, in particolare alla corrente cyberpunk con i celebri romanzi “Snow Crash” di Neal Stephenson (1992) e “Neuromancer” di Mel Gibson (1984), quest’innovativo mondo virtuale multiutente dovrebbe costituire il futuro tecnologico della vita umana, realizzando una progressiva incorporazione del corpo degli utenti nell’esperienza digitale online. In linea generale, ogni essere umano all’interno di questo mondo virtuale verrebbe rappresentato attraverso un avatar che presenta le specifiche caratteristiche e parametri soggettivi rilevati attraverso specifici dispositivi tecnologici definiti wereable device o sensori indossabili, capaci di rilevare le caratteristiche e i movimenti del soggetto nella sua vita reale e trasferirli nel proprio gemello digitale.

A differenza dei mondi virtuali precedenti, come il celebre Second Life, realizzato nei primi anni del nuovo Millennio, in cui la visualizzazione per l’utente era basata puramente su schermi desktop non-immersivi, nell’innovativo Metaverso l’accesso dovrebbe avvenire attraverso i dispositivi per realtà virtuale, denominati head-mounted display o visori chiusi per realtà virtuale, capaci di ricreare delle simulazioni realistiche di situazioni ed eventi tipici della vita quotidiana, permettendo di immergere gli utenti in questi scenari digitali e farli sentire presenti, realizzando ciò che Lombard e Ditton già nel 1997 avevano definito “illusione percettiva di non mediazione” cioè la mancata percezione del soggetto della mediazione della tecnologia, sentendosi, infatti, fisicamente presente nell’ambiente virtuale.

Si potrebbe comunemente pensare che la realtà virtuale sia una tecnologia di ultima generazione, in realtà non è così, in quanto primi prototipi di sistemi virtuali sono stati sviluppati già negli anni ’60 del Novecento, in particolare il “Sensorama” di Morton Heilig e “The Sword of Damocles” di Ivan Sutherland. La moderna accezione di Realtà Virtuale è stata coniata da Jaron Lanier nel 1989, verificandosi una vera e propria esplosione di interesse nei confronti di questa tecnologia nell’ultimo decennio del secolo scorso, considerandola il futuro della formazione, dell’educazione e dell’istruzione, avanzando persino la possibilità di ricevere trattamenti psicologici grazie a tali esperienze virtuali.

Nonostante però queste ottimistiche previsioni, la realtà virtuale è stata accantonata nel primo decennio del nuovo millennio per una serie di motivi: soprattutto per il costo elevato dei dispositivi, il ridotto livello di immersione e realismo grafico raggiunto e i malesseri provocati nei fruitori, tra cui nausea, vomito, confusione, vertigini, pallore per cui è stato definito il termine di cybersickness, che è la versione digitale della cinetosi, comunemente definita mal d’auto, mal di mare, mal di treno.

Soltanto a partire dalle intuizioni di Palmer Luckey, fondatore dell’azienda Oculus, si è attestata una rinnovata attenzione alla realtà virtuale e alla costruzione di visori per realtà virtuale, capaci di offrire un grado di realismo e un livello di immersione impensabili dai dispositivi costruiti in precedenza (Levy, 2022). Infatti, è stato proprio Zuckerberg che ha acquisito la società di Luckey, fondando la società Meta il cui obiettivo è quello di estendere la vita reale degli esseri umani e creare un nuova tipologia di Web, un Internet incorporato nel corpo degli utenti, in cui si viene rappresentati da avatar e si offre la possibilità di comunicare con gli altri, partecipare ad eventi, concerti, esplorare le opere architettoniche nei luoghi più disparati del mondo, giocare, studiare ed apprendere, lavorare utilizzando le comuni applicazioni disponibili nei diversi visori per realtà virtuale oggi disponibili, rimanendo comodamente seduti sul divano di casa.

Considerazioni

La possibilità di utilizzare il Metaverso nell’ambito dell’intervento e della promozione della salute mentale degli esseri umani trova giustificazione nei diversi studi che sono stati realizzati negli ultimi trent’anni utilizzando dispositivi per realtà virtuale immersivi e non-immersivi, in quanto tali esperienze virtuali consentono di agire, prendere decisioni e apprendere dall’esperienza (Riva & Gaggioli, 2019).

Per quanto riguarda il campo della salute mentale, la tecnologia sta acquisendo sempre più uno spazio fondamentale, data l’importanza che questa ormai assume nella vita degli esseri umani, tante che oggi si parla di cyberpsychology (Gordo-López, Parker, 1999). La realtà virtuale rappresenta un approccio emergente nel settore psicologico, essendo stati sviluppati e realizzati nel corso del tempo diversi esempi e studi, sia per intervenire nei casi di patologia sia per incrementare il benessere e la qualità della vita degli esseri umani. In particolare, partendo dall’attuale corrente della psicologia positiva che sottolinea l’importanza della promozione del benessere nell’umanità, diverse prospettive teoriche (Fogg, Cueller, Danielson, 2007; Riva et al., 2012; Calvo & Peters, 2014; Gaggioli et al., 2017) hanno sostenuto la possibilità di utilizzare dispositivi tecnologici, compresa la realtà virtuale, per realizzare interventi a supporto del benessere e della qualità della vita degli esseri umani.

Nel panorama della realtà virtuale gli esempi più significativi riguardano la promozione delle emozioni positive (Baños et al., 2014), la costruzione di relazioni positive e l’incremento dell’empatia (Shin, 2018; Jones, 2021), la riduzione del pregiudizio (Banakou et al., 2016; Banakou et al., 2018; Gonzalez-Liencres et al., 2020), la gestione dello stress e l’apprendimento di tecniche di rilassamento (Soyka et al., 2016; Fagernäs et al., 2021; Modrego-Alarcon et al., 2021; Weibel et al., 2023).

Invece, per quanto riguarda l’intervento sulla patologia sono stati adoperati sistemi e dispositivi di realtà virtuale come strumenti di valutazione e di trattamento in diverse condizioni cliniche. Infatti, fin dai primi sviluppi di sistemi di realtà virtuale sono apparsi in letteratura scientifica diversi studi che sostengono la possibilità di utilizzare questi scenari virtuali come opzione di intervento in soggetti che presentano disturbi d’ansia, in particolare fobie specifiche (Rothbaum & Hodges, 1999; Czerniak et al., 2016; Donker et al., 2018; Rahani, Vard e Najafi, 2018; Miloff et al., 2019; Elphinston et al., 2022), disturbo post-traumatico da stress (Rizzo et al., 2014; Deng et al., 2019) e disturbo d’ansia sociale (Kahlon, Lindner, Nordgreen, 2019; Emmelkamp, Meyerbröker e Morina, 2020; Caponnetto et al., 2021) avanzando la possibilità di realizzare la comune terapia d’esposizione agli stimoli fobici temuti immergendo i pazienti in scenari virtuali che simulano realisticamente situazioni di vita quotidiana e, contemporaneamente, utilizzare tecniche di biofeedback in realtà virtuale (Fernandez et al., 2019).

Nel campo di soggetti che presentano disturbi del comportamento alimentare (DCA) dispositivi e sistemi di realtà virtuale sono stati utilizzati sia per la valutazione dei sintomi e delle ideazioni relative al cibo e al proprio corpo presenti in questi pazienti sia come strumento di intervento per modificare la rappresentazione del proprio corpo e i comportamenti alimentari degli individui con DCA (Riva, 1998a, 1998b, 2011; Ferrer-García & Gutiérrez-Maldonado, 2012; Riva, Dakanalis, 2018; Serino, Polli e Riva, 2019; Monthuy-Blanc et al., 2020; Nameth et al., 2021; Riva, Malighetti, Serino, 2021).

Anche nel caso di soggetti che presentano dipendenze patologiche, con e/o senza sostanze, sono stati adoperati sistemi di realtà virtuale, offrendo questi la possibilità di valutare gli stimoli scatenanti i comportamenti di craving verso la sostanza o il comportamento oggetto di dipendenza da cui partire per realizzare una progressiva desensibilizzazione sistematica tra gli stimoli e la risposta condizionata al fine di diminuire fino a cessare il comportamento di dipendenza (Segawa et al., 2020; Ding et al., 2020; Hernández-Serrano et al., 2020; Mazza et al., 2021; Langener et al., 2021; Liu et al., 2022).

Nell’ambito della riabilitazione sono stati utilizzati dispositivi di realtà virtuale in integrazione a sensori indossabili come strumenti per realizzare una valutazione maggiormente ecologica delle difficoltà e dei deficit presentati da un individuo con un danno acquisito o congenito del proprio funzionamento cognitivo e/o motorio, allo scopo di ottenere un maggior numero di informazioni su cui basare il trattamento riabilitativo (Rizzo et al., 2004). Infatti, la possibilità offerta dalla realtà virtuale di ricreare simulazioni realistiche di situazioni ed eventi della vita quotidiana, difficili da ricreare nei contesti di valutazione tradizionali, garantisce l’opportunità di valutare le specifiche difficoltà incontrate dai pazienti nel corso della propria quotidianità così da ottenere un profilo dei punti di forza e di debolezza adeguato e individualizzato su uno specifico individuo (Negut et al., 2016). In questo senso si è attestata la possibilità di realizzare i comuni test neuropsicologici in scenari virtuali, come ad esempio “l’ObReco-360” (Pieri et al., 2022) per la valutazione delle capacità di memoria o il “Virtual Reality Everyday Assesment Lab” (Kourtesis, et al., 2021) che rappresenta un primo prototipo di batteria neuropsicologica in realtà virtuale capace di valutare diversi ambiti del funzionamento cognitivo, tra cui capacità di memoria, attenzione e funzioni esecutive.

Inoltre, dispositivi di realtà virtuale in integrazione a sensori indossabili e di tracciamento consentono anche la creazione di specifici programmi di riabilitazione individualizzati e personalizzati su uno specifico paziente, garantendo a questo l’opportunità di allenarsi nella corretta gestione delle attività che si trova comunemente ad affrontare nel corso della vita quotidiana, favorendo lo sviluppo di una maggiore autonomia e la generalizzazione dei risultati raggiunti alla vita reale (Riva, Mancuso, Cavedoni, Stramba-Badiale, 2020). Già all’interno del mondo virtuale sociale di “Second Life”, il dottor D. Craig Kerley ha realizzato il “Center for Positive Mental Health”, in cui incarnandosi nella sua rappresentazione digitale offriva la possibilità agli utenti di quest’ambiente virtuale multiutente di svolgere sessioni di avatar therapy (Lazzeri, 2017). Nonostante questo mondo digitale non era ancora basato sull’utilizzo di dispositivi di realtà virtuale immersivi, questo rappresenta concretamente un’anticipazione di ciò che si potrebbe realizzare nel connubio tra Metaverso e salute mentale.

Nel contesto contemporaneo, infatti, diverse aziende e start-up stanno realizzando software capaci di concretizzare terapie virtuali come, ad esempio, la statunitense “XRHealth”, sviluppata nel 2016, che offre la possibilità, indossando un visore per realtà virtuale, di immergersi in una clinica digitale dove svolgere diversi trattamenti sulla base delle proprie difficoltà e necessità, comodamente da casa, accompagnati da un terapeuta digitale, realizzandosi l’intervento tramite le specifiche app implementate nel visore. Oppure, nel contesto europeo, l’inglese “OxfordVR”, fondata nel 2017 da uno dei maggiori promulgatori dell’utilizzo della realtà virtuale nel contesto della salute mentale, Daniel Freeman, basandosi sugli studi da lui compiuti con il suo gruppo di ricerca all’Università di Oxford per dimostrare l’efficacia di questa tecnologia per intervenire su condizioni patologiche.

Nel panorama italiano uno degli esempi più eccellenti è offerto dalla start-up “Become-Augumented Life”, nata nel 2018, interessandosi alla realizzazione di interventi di formazione per professionisti e ricercatori nell’ambito della salute e nello sviluppo di applicazioni di realtà virtuale e aumentata da introdurre nella pratica professionale.

Probabilmente, il tentativo che accomuna queste innovative società è quello di superare i limiti, in particolare la ridotta interazione terapeuta-paziente, che vi sono nelle terapie digitali basate su schermi desktop, ampiamente utilizzate nel corso della pandemia da Covid-19 (Torous et al., 2020). In questo contesto, diversi ricercatori e studi (Rizzo & Koenig, 2017; Usmani, Sharath, Mehendale, 2022; Wiederhold & Riva, 2022; Yang et al., 2022; Cerasa et al., 2022; Petrigna & Musumeci, 2022) hanno sottolineato i vantaggi della realtà virtuale e del futuro Metaverso nell’ambito della salute, tra cui la riduzione dei costi necessari per i trattamenti tradizionali, la diminuzione degli spostamenti e la possibilità di svolgere le terapie comodamente da casa, un monitoraggio continuo garantito dai dispositivi indossabili, gli algoritmi di intelligenza artificiale per la personalizzazione del trattamento e la diagnosi tramite sistemi automatizzati, l’opportunità di svolgere specifici esercizi in contesti simulativi, sicuri e realistici delle esperienze reali incorporandosi in rappresentazioni digitali di se stessi e sfruttando l’effetto Proteo.

Conclusioni

Oltre i vantaggi offerti, occorre anche considerare i limiti presenti nelle ricerche che hanno cercato di indagare l’efficacia di sistemi virtuali nell’area della salute mentale e i rischi che il futuro Metaverso potrebbe determinare.

Infatti, recenti revisioni (Carl et al., 2019; Emmelkamp, Meyerbröker, Morina, 2020; Fagernäs et al., 2021; Langener et al., 2021; Bailey, Bryant, Hemsley, 2022; Riva, 2022) interessate ad osservare l’efficacia di interventi in realtà virtuale in diverse condizioni patologiche, pur dimostrando la validità e la capacità di determinare modificazioni positive nei potenziali pazienti, hanno sottolineato la presenza di pochi studi, di campioni ridotti, del frequente utilizzo di metodi e disegni di ricerca non perfettamente validi, del possibile sviluppo di sintomi di cybersickness, dell’assenza di valutazioni sui rischi a lungo termine per la salute fisica e/o psicologica degli utenti.

Per quanto riguarda i rischi del futuro Metaverso sulla salute degli esseri umani vi possono essere disturbi di “derealizzazione” e “depersonalizzazione” (Peckmann et al, 2022), il cybersickness riscontrato in realtà virtuale (Ramaseri Chandra, El Jamiy, Reza, 2022), l’aumento di condizioni di dipendenza da internet, social media e gaming online (Bojic, 2022), l’evitamento della vita reale con il conseguente ritiro sociale (Usmani, Sharath, Mehendale, 2022) e il dismorfismo digitale (Lazzeri, Stingone, 2022).

Ma ciò che determina le preoccupazioni maggiori sono i rischi per la sicurezza e la privacy degli utenti, soprattutto in relazione alla possibilità di realizzare terapie psicologiche. Infatti, se questo innovativo mondo virtuale immersivo vuole creare al suo interno degli specifici spazi e ambienti in cui i fruitori possono aver accesso a terapie ed interventi, incorporandosi in avatar realizzati sulla base dei dati dell’utente ottenuti tramite dispositivi indossabili e sensori di tracciamento, vi è bisogno di mantenere la massima riservatezza, impedendo che questi dati vengano diffusi e/o violati (Cerasa et al., 2022).

Per comprendere l’importanza di questo tema, basta pensare a quanto avvenuto ai fruitori di alcune applicazioni di supporto psicologico, come “Cerebral” e “BetterHelp”, che condividendo i dati dei pazienti con terze parti per attività di marketing hanno determinato la proliferazione sul web di informazioni strettamente personali, minacciando così la loro privacy e sicurezza (Bernardi, 2023). Inoltre, si aggiungono anche i rischi legati a potenziali attacchi hacker, come già avvenuto alla società finlandese “Vastaamo” e ai suoi utenti dei servizi di terapia psicologica online, che a seguito di un cyber-attacco alla piattaforma sono stati ricattati e hanno visto la pubblicazione delle proprie cartelle mediche e informazioni personali sul web (Masucci, 2021).

Infatti, sono diversi i pericoli che un potenziale utente può incontrare immergendosi in questo mondo virtuale, tra cui furti di password sensibili, accesso esterno alla propria esperienza virtuale, possibilità di risalire all’abitazione o ai luoghi frequenti quotidianamente da un individuo, azioni di stalking o spionaggio virtuale, veri e propri abusi e molestie digitali, furti o repliche della propria identità nel contesto virtuale, modificazioni dei confini dei visori per realtà virtuale con potenziali danni fisici reali e induzione di cybersickness tramite malware che modificano il frame rate.

Tutto ciò evidenzia la necessità di proteggere la privacy degli utenti e garantire la loro sicurezza, sia dal punto di vista tecnologico sia dal punto di vista legislativo, soprattutto quando si considera la possibilità di realizzare trattamenti psicologici nel contesto della realtà virtuale e del Metaverso.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, gli sviluppatori sono chiamati a trovare soluzioni adeguate, implementando sistemi di sicurezza e di protezione dei dati allo scopo di rendere inaccessibile l’accesso a potenziali soggetti malintenzionati. Ma soprattutto, vi è la necessità che le istituzioni nazionali e internazionali realizzino legislazioni restrittive e specifiche per questa innovativa vita immersiva digitale, allo scopo di non farsi trovare impreparata (come avvenuto con il primo avvento di Internet e dei social network) agendo con un’ottica di prevenzione.

Dunque, considerando i rischi che corre la possibilità di realizzare interventi sulla salute mentale nel contesto del Metaverso e quelli legati allo sviluppo tecnologico, Bernardelli, Riva e Bettiga (2022) sottolineano il dovere dei futuri professionisti in ambito psico-tecnologico di:

– partecipare attivamente a programmi di formazione basati sull’utilizzo adeguato delle psicotecnologie, apprendendo così le competenze tecnologiche di base e i potenziali rischi associati all’uso di tali strumenti;

– educare e aiutare i potenziali pazienti ad un consono e positivo utilizzo degli strumenti digitali, allo scopo di evitare eventi ed esperienze critiche e negative per il loro benessere psico-fisico;

– fornire informazioni e suggerimenti agli sviluppatori e alle istituzioni in relazione ai rischi per la salute, sicurezza e privacy degli utenti con gli obiettivi comuni di limitare i danni e promuovere un corretto e benefico utilizzo della tecnologia;

– utilizzare soltanto sistemi, dispositivi e applicazioni la cui efficacia è stata scientificamente dimostrata, non arrecando danni al benessere e alla qualità della vita dei potenziali utenti-pazienti;

– collaborare e lavorare insieme a professionisti facenti parte di altri settori scientifici allo scopo di promuovere lo sviluppo di metodologie e strumenti più efficaci ed efficienti.

In definitiva, come evidenziato da Cerasa et al. (2022, pag. 5), il Metaverso nel contesto della psicologia, delle neuroscienze e della salute mentale può essere definito come “Social VR-AI mediated” «dove ingegneri, informatici e psicologi dovrebbero lavorare insieme per sviluppare nuove piattaforme in grado di ricostruire simulazioni di attività sociali della vita reale in modo più ecologico per creare nuovi protocolli validati e personalizzati sui deficit psicologi, utili a stimolare nuove abilità».

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Dott. Mattia Indelicato, Dott. in Psicologia Clinica