La famiglia post-moderna nella società “liquida”

A cura della Dott.ssa Nicoletta Caruso – Psicologa Clinica – Pronto Soccorso Psicologico-Italia

Abstract:

The post-modern family is a completely new family, with characteristics that see it at times as the victim and at other times as the perpetrator of a society defined as “liquid” by various scholars. A society without borders where everything is fleeting and undefined: “the social body seems to have lost its solidity and its very consistency and has become a liquid body which does not have its own specific and original physiognomy, but tends to assume, as happens precisely to what is liquid, the shape of the container, assuring this same body a strong capacity to adapt” (Campanini, 2010). In such a society, one wonders what the future of relationships, and especially of family ones might be, trying to provide an idea, never exhaustive, of the current situation.

Riassunto

La famiglia della post-modernità è una famiglia tutta nuova, con delle caratteristiche che la vedono a volte vittima ed altre carnefice di una società definita “liquida” da diversi studiosi. Una società priva di confini dove tutto è labile e non definito: “il corpo sociale sembra aver perduto la sua solidità e la sua stessa consistenza ed è diventato un corpo liquido che non ha una sua specifica ed originaria fisionomia, ma tende ad assumere, come avviene appunto a ciò che è liquido, la forma del contenitore, assicurando a questo stesso corpo una forte capacità di adattamento” (Campanini, 2010). In una società tale, ci si chiede quale possa essere il futuro delle relazioni e soprattutto di quelle familiari, provando a fornire un’idea, mai esaustiva, della situazione attuale.

Famiglia post-moderna e società “liquida”

“L’incertezza è l’unica certezza”, Zygmunt Bauman

La famiglia occupa, da sempre, un posto centrale all’interno della società: essa è il luogo primario e privilegiato di crescita ed educazione, e rappresenta l’ambiente “primo” nel quale il bambino appena nato, viene catapultato e col quale spesso, è anche costretto a fare i conti.

Nella famiglia, di norma, si realizza la costruzione e la conoscenza di sé, si creano e si strutturano i legami ed i valori che fungeranno da base per una solida struttura di personalità. Tutto questo, è chiaramente, condizionato dal contesto in cui la famiglia si trova e, spesso, il “contorno” diventa la scena principale nella quale si esibisce l’intera vita familiare.

Nel corso del tempo, l’importanza della famiglia è stata sottolineata da diversi autori come Freud, ad esempio, secondo cui “noi siamo il prodotto della nostra infanzia” (Freud, 1905), o Piaget che ha spiegato molto bene l’importante ruolo della famiglia con i suoi stadi per il corretto sviluppo del bambino, futuro adulto (Piaget, 1967).

Da allora, molte cose sono cambiate: la famiglia è stata studiata da diversi punti di vista, e soprattutto in relazione ai contesti storico-culturali che si sono susseguiti nel tempo e che hanno modificato profondamente non solo la struttura familiare, ma anche i legami tra le persone.

Non a caso, il titolo scelto per questo lavoro ha l’intento di considerare la famiglia attraverso una lente nuovissima proprio per l’importanza dei grandi mutamenti che l’hanno interessata e che la vedono vittima e carnefice di una società particolarmente diversa e rinnovata che rispecchia perfettamente i nuovi valori post-moderni.

Ma prima di addentrarci nel vivo della questione, è necessaria una precisazione storica, ovvero la differenza tra modernità e post-modernità, al fine di comprendere i cambiamenti che hanno modificato soprattutto l’ambiente domestico.

Quando parliamo di modernità dobbiamo volgere lo sguardo al progetto illuministico che emerse nel XVIII secolo: tale progetto aveva come fine la conoscenza e trasformazione della realtà, attraverso la costruzione di una scienza obiettiva, di una morale e un diritto universali ed autonomi, in vista dell’emancipazione umana e dell’arricchimento della vita […]“, (Maggio, E., 2007).
Questo periodo storico condizionò anche le “emozioni, il profondo, ed i sentimenti che dovevano essere guidati dalla razionalità: compito dell’uomo è dominare, attraverso la mente, gli oggetti tra cui sono comprese le emozioni” (Kant, ….).

La famiglia di questo periodo è caratterizzata da “una rigida gerarchia patriarcale e mantiene alcuni tratti che si sono sedimentati fin dal Medioevo“. La scelta del coniuge è fatta dai genitori e non dai diretti interessati; il matrimonio non è considerato un momento di incontro teso al raggiungimento della felicità, ma piuttosto una sistemazione necessaria per canalizzare le pulsioni sessuali. L’amore coniugale non è quindi considerato un ingrediente necessario. Il matrimonio è, per le classi alte, un mezzo per cementare alleanze tra le famiglie e, per gli artigiani e i contadini, uno strumento per garantire la divisione del lavoro e la sopravvivenza. Questo tipo di famiglia, in una società fortemente autoritaria qual è quella dell’età dell’assolutismo, delle guerre di religione e dei roghi, è anch’essa fortemente gerarchizzata e autoritaria, centrata sulla figura del marito-padre. La moglie è subordinata al marito, anche dal punto di vista legale; l’educazione dei figli è repressiva e non affettiva ed è basata sulla deferenza e sulle punizioni fisiche.
La famiglia della fine del XVII secolo, inoltre, non conosce l’intimità, almeno nel senso che noi attribuiamo al termine. Al suo interno vige una forte separazione dei sessi: gli uomini passano il tempo in compagnia degli uomini e le donne in compagnia delle donne, imprigionati nella rigidità dei diversi compiti lavorativi e dei ruoli o nelle separazioni previste dall’etichetta aristocratica, (Bordini, 2014).

Nel corso del tempo, si assiste ad un’inversione di rotta: “il modello basato sulla completa e totale deferenza dei figli nei confronti del padre entrò in crisi: i maschi (marito e padre) pur continuando ad avere potere ed autorità assoluta riducevano di molto le distanze sociali con la moglie ed i figli.
Volontariamente si ebbe una riduzione ed un controllo delle nascite e, in maniera indirettamente proporzionale, aumentò il tempo dedicato dai genitori ai propri figli. Ciò fu, ovviamente, il frutto delle grandi trasformazioni sociali, politiche ed economiche avvenute nei secoli XVIII – XIX (in primis la Rivoluzione industriale e la Rivoluzione francese) che, messo in crisi l’Antico Regime, produsse grandi cambiamenti ai quali dovettero adeguarsi anche le relazioni familiari: nasceva un nuovo modello di famiglia dapprima sviluppatasi nei ceti più alti della realtà urbana e poi estesasi anche nei ceti meno abbienti, che avrebbe visto la propria affermazione nel XX secolo” (Molinari, 2020).

Il nuovo matrimonio pone al primo posto la felicità individuale e terrena rispetto all’ideale religioso della felicità dopo la morte, da una diversa concezione della libertà personale e da un sentimento antiautoritario che si ribella all’obbedienza passiva.
Con il XVIII secolo termina la segregazione delle donne. Se ne hanno testimonianze in tutta Europa. Prende piede una nuova socialità legata all’edonismo: salotti e “conversazioni” – così le chiamano in Italia – si moltiplicano e diventano di moda. In queste occasioni i giovani possono corteggiarsi e si fa strada, soprattutto in Inghilterra ma poi anche nel resto d’Europa, l’insofferenza per i matrimoni combinati. Nell’alta borghesia nasce il “matrimonio solidale”, basato sull’individualismo affettivo. L’affetto diviene la ragione centrale della scelta del coniuge; la fedeltà e la monogamia si sostituiscono alla dissipazione aristocratica. Con il XVIII secolo aumenta l’investimento affettivo dei genitori sui figli che va di pari passo con la diminuzione della mortalità infantile. Nasce una nuova sensibilità verso l’infanzia.
Le donne cominciano ad allattare i figli invece di mandarli a balia, come era costume delle aristocratiche, e si inizia ad abbandonare l’abitudine di fasciare i neonati.
I rapporti tra moglie e marito si equilibrano in direzione della parità: si vuol raggiungere un nuovo equilibrio che mantenga, pur motivandola diversamente, la distinzione dei ruoli. Così come è volontaria la scelta del coniuge, allo stesso modo diviene volontaria la sottomissione della donna”, (Molinari, 2020).

Si arriva così al Novecento: lo sviluppo della società industriale, la diffusione di un maggior benessere e di perdita del senso religioso della società, contribuiscono al venir meno del concetto di indissolubilità del matrimonio. In molte legislazioni statali sono ammessi il divorzio e l’aborto.
In generale le donne sono entrate massicciamente nel mondo del lavoro, per cui all’interno delle famiglie vi è ormai una maggior condivisione con il coniuge delle responsabilità e delle cure parentali. Infine è profondamente cambiato l’atteggiamento delle coppie nei confronti della procreazione: se un tempo i figli erano un valore primario e un investimento cui sacrificare ogni cosa, oggi le coppie sono più orientate verso se stesse e la propria realizzazione, con la conseguenza che il numero di figli, spesso percepiti come un costo, viene radicalmente controllato.
Alla base della famiglia c’è, quindi, l’evoluzione di una società, che è governata da diversi valori e ideali. Ciò si riversa inevitabilmente nel nucleo familiare che, di volta in volta, cambia la sua forma, la sua composizione, generando la nascita di nuovi tipi di famiglia: single, monogenitoriale, unioni di fatto, famiglie ricostituite, famiglie multiple e unioni gay”, (Capotosto, 2014).

Tutto ciò ha condotto a quella che, nell’era contemporanea, viene definita modernità “liquida”, ovvero una società dove si sono persi i confini, “una sorta di zona liminale, intermedia, transitoria e incompiuta che pervade ogni ambito di azione e del pensiero”, (Bauman, 2000). La modernità liquida viene descritta da Bauman come la fase più dinamica della globalizzazione, caratterizzata dalla circostanza per la quale “l’unica costante sia il cambiamento e l’unica certezza sia l’incertezza”, (Bauman, Z., 2006).

Nella fase precedente, definita solida, gli individui aspiravano o potevano aspirare al controllo del proprio futuro e ad uno stato di perfezione, ma, ad un certo punto, queste certezze vengono meno: in questa nuova fase di “modernizzazione” il futuro appare ignoto, e proprio per questo motivo, nessuno intende correre il rischio di lasciarsi sfuggire opportunità, occasioni ed esperienze ancora sconosciute, ma inevitabili.

Il corpo sociale sembra avere perduto la sua solidità e la sua stessa consistenza ed è diventato un “corpo liquido” che non ha una sua specifica ed originaria fisionomia, ma tende ad assumere, come avviene appunto a ciò che è liquido, la forma del contenitore; attitudine che assicura a questo “corpo” una forte capacità di adattamento (ogni contenitore si rivela adatto e funzionale) ma nello stesso tempo scolorisce e svapora ogni identità”, (Campanini, 2010).

Secondo Bauman, “i profondi cambiamenti che hanno caratterizzato il passaggio dalla modernità alla post-modernità hanno condotto ad una mutata concezione del tempo e dello spazio che si traduce in una ipervalutazione della dimensione temporale e ad una parallela irrilevanza dello spazio determinando un processo di fluidificazione della società globale”, (Maceratini A., 2019).

E qui si arriva al termine “post-modernità che indica proprio “l’epoca in cui viviamo; l’epoca in cui il capitalismo si è affermato come modello vincente; un’epoca caratterizzata dallo slittamento dei processi iniziati nella Modernità verso il loro doppio, frammentario e frammentato, etereo e intangibile; la terziarizzazione della società, lo sviluppo dei sistemi di trasporto, la compressione dello spazio e del tempo dovuta ai nuovi sistemi di comunicazione, la delocalizzazione delle imprese, la definitiva consacrazione del modello capitalistico, la secolarizzazione delle istituzioni, la spettacolarizzazione dell’esistenza legata ai nuovi media”, (Emiliano, Z., 2012).

Tutto questo comporta una fortissima precarietà di fondo che si esprime a livello affettivo, sentimentale, conoscitivo. L’uomo del tardo XX secolo è esposto al bombardamento di immagini e loghi, alla virtualizzazione delle sue condizioni di vita, in una società attraversata, ad alta frequenza, da flussi e spostamenti inarginabili di persone, immagini, tecnologie, capitali e idee, trasformata dalla globalizzazione economica e culturale, ridotta a una serie di frammenti apparentemente identici tra loro, a una serie di splendide rovine. E tra questi frammenti e queste rovine si muove il cittadino Postmoderno, come un turista o un parvenu, stringendo rapporti liquidi con le cose e con i suoi simili, rapporti senza legami stretti, dispersi in un mondo di infinite possibilità e libertà, in cui la rappresentazione della realtà sembra essere più reale della realtà stessa”, (Emiliano, Z., 2012).

In questa società si muove la famiglia, anch’essa liquida, caratterizzata dalla labilità dei ruoli e dei confini che diventano sfumati e difficili da definire. La genitorialità e l’educazione risultano fluide, mutevoli e spesso incoerenti e contraddittorie nei contenuti.

L’immagine di liquidità fa pensare a qualcosa di dinamico ma anche di sfuggente come l’acqua che si sposta in continuazione, si infiltra e scivola ovunque, occupa tutto e niente, passa dal pieno al vuoto e fa rumore o un lugubre silenzio. Così genitori e educatori “liquidi”, ora sono presenti e rumorosi, oppure immobili e silenziosi se non decisamente assenti”, (Maiolo, G., 2015).
Oggi, i nuovi genitori non esprimono solo comportamenti di accudimento e affetto, ma anche di distrazione e distanza: rispetto al passato, risultano meno corazzati e più attenti a soddisfare i bisogni affettivi dei figli.
La famiglia, pur restando il luogo prediletto in cui prevalgono approvazioni, gratificazioni, e anche un’estesa permissività, diventa spesso artefice e testimone dell’impoverimento della relazione educativa che, nel corso dell’adolescenza, diventa inconsistente, sbiadita e silenziosa. “I genitori non intervengono più di tanto. Rinunciano ad educare o si appartano lasciando i figli orfani di educatori. Tacciono o parlano poco perché non sanno che fare. Alcuni si distraggono e altri si assentano, ma per lo più dicono cose che si contraddicono. Non raccontano di sé e non si narrano ai figli. Ma neanche a loro quei genitori liquidi chiedono pensieri ed emozioni, men che meno li ascoltano e si ascoltano. Così facendo costruiscono una comunicazione povera fatta di rapidi tweet che non lasciano tracce”, (Maiolo, G., 2015).

Spesso quelle relazioni sono “mute”, incolore e disinteressate: parole non dette, desideri inespressi e mai esauditi, il silenzio dei pensieri, anch’essi liquidi e indefiniti. Non si chiede e non si risponde, nemmeno a quelle piccole curiosità che potrebbero essere utili a coloro che stanno crescendo – e crescono sì in termini cronologici, ma non intellettivi. Le poche parole rimaste, servono a soddisfare i bisogni materiali più immediati, quelli effimeri che svaniscono e svalutano il senso dell’attesa e del desiderio.

E poi c’è il silenzio di chi manca perché se n’è andato o di chi è sempre da un’altra parte con il pensiero e con il cuore, distratto, assente o lontano dalle sue funzioni”, (Maiolo, G.,2015),  come un padre, stanco o annichilito dalla quotidianità, che ha smarrito le risorse per guidare e accompagnare un figlio adolescente alla vita, lasciando un vuoto impossibile da colmare.
Allora i vuoti e le mancanze che crea la liquidità rendono insicuri e spaesati ma soprattutto inchiodano al presente gli adolescenti che non si fanno un’idea di futuro ma solo infinite domande ingombranti a cui nessuno risponde. Non sorprende che l’immaginario dei giovani di oggi abbia più stabili i contorni dell’ansia e accarezzi con insistenza desideri di fuga o illusori ritiri dal mondo. Così, genitori e figli, sono spinti ad “abbandonare la propria condizione di “individuo” declinando le proprie scelte personali, per ridursi a personaggio all’interno del discorso autoreferenziale attraverso cui la società mostra e produce se stessa; un mondo di feticci e simulacri, in cui non c’è alcuna distinzione tra significante e significato, in cui il segno è già di per sé ipersignificativo”, (Baudrillard, J., 2010).

Qesta tendenza è, inoltre, favorita dal Web e dai nuovi sistemi di aggregazione sociale come Facebook, tv tematiche e on-demand, forum settoriali. Tutti elementi che conducono verso una sempre più diffusa “frammentazione” della società, e alla nascita di tanti piccoli “ghetti” dove individui con gusti e idee simili si “aggregano” e discutono. (Magatti, 2012).
Ma anche quelle “discussioni” sono superficiali e inconsistenti.

La società liquida investe tutte le proprie risorse sul “tempo breve”, sulle mode cangianti, sui grandi messaggi ridimensionati ad effimeri “messaggini”, sulla perenne rincorsa di (presunte) “novità”; ma la famiglia, per essere sè stessa, ha invece bisogno di quella “solidità” che le proviene da una durata non fine a sè stessa, ma condizione necessaria per la permanenza nel tempo delle relazioni e degli affetti, per la reciproca rassicurazione della coppia coniugale, per il necessario prolungamento nel tempo del compito di cura e di educazione delle nuove generazioni. Non è un caso, sotto questo aspetto, che al modello della famiglia proiettata verso la durata tenda a sostituirsi, in non marginali gruppi sociali, la tendenza a relazioni precarie e passeggere, come tali in scarsa misura orientate ad un dono, quello della vita, che inevitabilmente richiederebbe, in un contesto di responsabilità, una scommessa sul futuro, e dunque l’inevitabile fuoriuscita dalla “liquidità”, (Campanini, 2010).

In una condizione di liquidità è praticamente tutto possibile, ma niente è certo. Ed è questa incertezza, data dall’impossibilità di sapere ciò che accadrà e, allo stesso tempo, dalla sua inesorabilità, che determina uno stato di paura diffusa. L’uomo di oggi va alla disperata ricerca di punti fermi, ma non ne trova e questa sembra essere una via senza uscita. Non vedendo la fine, non sa immaginarsi né un futuro per sé né uno per l’umanità, (Carletti, 2017).

“Tuttavia, la prospettiva storica consente in qualche modo di relativizzare e sdrammatizzare questa ascesa, apparentemente irresistibile, della “liquidità”, dovendosi constatare che essa – seppure non nelle forme estreme di oggi – ha sempre caratterizzato le dinamiche della famiglia. È una costante della storia della famiglia, infatti, la compresenza nella società di “relazioni solide” (quelle tipiche della famiglia monogamica stabile) e di “relazioni liquide”, quelle cioè fondate su rapporti precari e fluttuanti . Alla fine la “liquidità” non ha mai ottenuto il sopravvento, perché nella pur oscura coscienza già dell’antica umanità si è percepita la stabilità della famiglia come garanzia di sopravvivenza dello stesso gruppo umano; cosicché, sotto questo fondamentale aspetto, la “solidità” si è rivelata assai più efficiente, almeno dal punto di vista della società, rispetto alle relazioni provvisorie e fluttuanti.

Tuttavia i due modelli – l’“amore liquido” e l’“amore solido” – sono sempre convissuti: né le convivenze precarie, né i rapporti adulterini, né i figli illegittimi (spesso abbandonati al loro destino) sono una novità della “società liquida”; ciò che è nuovo, semmai, e la diffusione e, soprattutto, il tentativo di legittimazione sociale di determinati stili di vita. Resta il fatto, per altro, che l’indebolimento dell’istituzione del matrimonio, il crescere degli “amori liquidi” e dei gesti procreativi irresponsabili, è stato un fattore di debolezza e non di forza delle società del passato: le quali hanno potuto sopravvivere nella misura in cui, alla fine, la tendenza alla “solidità” sia prevalsa rispetto a quella alla “liquidità”.

Il fatto nuovo nella storia dell’Occidente che oggi si affaccia è rappresentato dalla constatazione che forse, per la prima volta nella storia, per quanto di essa conosciamo, l’orientamento complessivo degli individui sembra orientato a privilegiare non più la stabilità ma la precarietà.

In sintesi, il fatto nuovo rispetto al passato – ciò che caratterizza l’odierna “società liquida” – non è rappresentato dalla diffusione più o meno marcata di questi comportamenti (è infatti possibile, e in molti casi documentato, il fatto che in altre epoche tanto le convivenze quanto i concepimenti extramatrimoniali fossero più diffusi rispetto ad oggi), ma dalla scelta di neutralità operata dalla società.
Conseguentemente, scelte che sono state sempre praticate, ma che erano sistematicamente contrastate dalla società e dal costume, vengono ora rimesse totalmente alle opzioni individuali. Nella “società liquida” – e in un contesto caratterizzato da un sempre più diffuso permissivismo giuridico –gli individui sono abbandonati a sè stessi e il compito di garantire la durata, e conseguentemente l’impegno educativo, grava soltanto sulle loro spalle. Così l’impegno educativo dei genitori si dispiega ormai in una sostanziale solitudine, dopo che la stessa scuola si è ritirata nel più piccolo, e relativamente tranquillo, recinto dell’istruzione e della formazione, abbandonando l’insidioso terreno dell’educazione.

La “liquidità” sembra regnare pressoché ovunque: sola, a sfidarla, resta in piedi, praticamente unica istituzione educativa, la famiglia stabile, quasi una sorta di “ultima roccaforte” dell’educazione. Immagine, tuttavia, non del tutto felice, per la visione negativa e difensivistica che essa implica, quasi che la famiglia dovesse chiudersi a riccio per salvaguardare la propria autonomia; mentre, invece, nella prospettiva della filosofia umanistica, la famiglia è e deve rimanere “il punto in cui si articolano il pubblico e il privato, in cui si congiungono una certa vita sociale e una certa vita intima”; una famiglia, dunque, che “socializza l’uomo privato e interiorizza i costumi” ed e dunque, alla fine, un’avventura da correre piuttosto che un fortilizio da difendere.o

Non vi è dubbio che il potenziamento del ruolo della famiglia passi sia da una migliore organizzazione complessiva della società, sia da un recupero delle potenzialità interne di una famiglia capace di ritrovare le sue profonde radici. Si tratta, dunque, di orientare le dinamiche sociali alla luce di un robusto quadro di valori condivisi ed, insieme, di recuperare e valorizzare la soggettività della famiglia e la sua capacità di relazione. È in questo senso che, nel rapporto tra famiglia e società, si può parlare di una “buona reciprocità”, (Campanini, 2010).

Il Pronto Soccorso Psicologico-Italia lo sa, e lavora ogni giorno, con un team di professionisti, con lo scopo di fornire punti di vista alternativi a tutti coloro che si ritrovano immersi in un “mondo liquido” alla ricerca di confini.

____________________________________

Bibliografia:

• Bizzocchi R., 1953. “Famiglie del Settecento nella realtà e sulla scena”, Bulzoni, 2018.

• Bordini Carlo, 2014. “Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)” https://www.treccani.it/enciclopedia/la-famiglia-e-le-nuove-sensibilita_%28Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco%29/

• Campanini Giorgio, 2010. “Educare nella società liquida: ruolo e responsabilità della famiglia”. https://www.rosmini.it/Resource/Centro%20Studi/Simposio%202009/04%20Simposio%2010%20Campanini.pdf

• Capotosto Franca, 2014. “La famiglia nel terzo millennio tra passato, presente e futuro”. http://www.psicologoamodena.com/la-famiglia-nel-terzo-millennio-tra-passato-presente-e-futuro/

• Carletti Chiara, 2017. “Modernità liquida”. https://chiaracarletti.it/modernita-liquida

• Maggio Elena, 2007. “Moderno e Post-moderno”. http://www.dialetticaefilosofia.it/public/pdf/36elena_maggio.pdf.

• Jean Baudrillard, 2010. “La società dei consumi”, Il Mulino.

• “Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia”, Torino, Einaudi, 1967.

• Maceratini, A., (2019), “Individui, spazi e confini nella modernità liquida di Zygmunt Bauman”. Tigor: rivista di scienze della comunicazione e di argomentazione giuridica – A. XI (2019) n. 1 issn 2035-584x.

• Magatti Mauro. “La grande contrazione. I fallimenti della libertà e le vie del suo riscatto” [Libro] / Milano: Feltrinelli, 2012.

• “Modernità in polvere“, Raffaello Cortina Editore, 2012, ISBN 978-88-6030-448-3 (cerca su Google Books); prima ed. italiana fuori commercio, Meltemi Editore, 2001, ISBN 978-88-8353-060-9

• Cifarelli Sara, 2022. “La famiglia come fenomeno sociale costruito”. https://needfile.it/blog/post/famiglia-come-fenomeno-sociale-costruito/

• Maiolo G. 2015. “La famiglia liquida”. http://www.officina-benessere.it/la-famiglia-liquida/

• Sani Claudia. “La famiglia come sistema che si modifica nel tempo”. https://www.psicologoper.it/materiale-scientifico/famiglia-come-sistema-che-si-modifica-nel-tempo

• Indelicato Mariano, 2020. “La gelosia e il famigliare nel 1700, Dal corpo famigliare all’anima famigliare” https://www.stateofmind.it/2020/02/gelosia-settecento/

• Molinari Luca, 2020. “Evoluzione della famiglia, ieri e oggi”. https://www.storiologia.it/famiglia/evoluzione.htm

• Zappalà Emiliano, 2012. “Post-moderno e post-modernità: vivere la nostra epoca”. https://www.sulromanzo.it/blog/postmoderno-e-postmodernita-vivere-la-nostra-epoca

• Freud Sigmund, 1905. “Tre saggi sulla teoria sessuale” (1905), in Opere, cit., vol. IV

•https://www.treccani.it/enciclopedia/famiglia_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/

• Rossello Antonio, 2022. “La relazione tra modernità e post-modernità”. http://www.weeklymagazine.it/2022/01/16/la-relazione-tra-modernita-e-postmodernita/

• Z. Bauman, 2006. “Il disagio della Postmodernità”, Bruno Mondadori

• Z. Bauman, “Liquid Modernity“, Oxford, 2000; trad. it., Modernità liquida, Bari, 2006, p. VII – VIII.

Dott.ssa Nicoletta Caruso – Psicologa Clinica