Il fenomeno del Cyberbullismo

A cura della Dott.ssa Francesca Torre, Psicologa Clinica Pronto Soccorso Psicologico-Italia

Abstract

Cyberbullying is a new form of violence deriving from classic bullying in which the protagonists establish an asymmetrical relationship in which the violent behaviour of the cyberbully subdues and intentionally hurts his victim, a fragile and defenceless subject who passively suffers these attacks. To favour the diffusion of the phenomenon are specific intrinsic characteristics of the same, typical of a method of implementation in a virtual context. Several types of research deepen this phenomenon by identifying particular factors that represent it. From these studies, however, it is clear that the basis of deviant behaviour in Cyberbullying, however incorrect, is the manifestation of discomfort, lack, and inner suffering that finds no other way to be communicated than through violence and aggression. ; to this end, it is not only necessary to point out and blame the subjects who carry out these acts, but it is necessary to know what the causes may be to be able to intervene and prevent the onset of certain behaviours. For this reason, it is hoped that the primary educational agencies, such as the family and the school, must be informed, trained, and supported to give life to digital relationships’ ethics and limit and prevent related risks.

Riassunto

Il Cyberbullismo è nuova forma di violenza derivante dal classico bullismo i cui protagonisti instaurano una relazione asimmetrica in cui i comportamenti violenti del cyberbullo sottomettono e feriscono intenzionalmente la propria vittima, un soggetto particolarmente debole e indifeso che subisce passivamente questi attacchi. A favorire la diffusione del fenomeno sono determinate caratteristiche intrinseche allo stesso, proprie di una modalità di attuazione in un contesto virtuale. Sono diverse le ricerche che approfondiscono questo fenomeno individuando determinate caratteristiche che lo rappresentano. Da questi studi però appare evidente come alla base del comportamento deviante nel Cyberbullismo, per quanto scorretto, ci sia la manifestazione di un disagio, di una mancanza e sofferenza interiore che non trova altro modo di essere comunicata se non attraverso la violenza e l’aggressività; a tal scopo non bisogna solo additare e colpevolizzare i soggetti che compiono questi atti, ma è necessario conoscere quali possano essere le cause per poter intervenire e prevenire l’insorgenza di certe condotte. Per tale motivazione si auspica che le principali agenzie educative, quali la famiglia e la scuola, debbano essere informate, formate e supportate per dar vita a un’etica delle relazioni digitali, e limitarne e prevenire i rischi correlati.

Cyberbullismo

La violenza è l’ultimo rifugio dell’incompetente”, (Isaac Asimov) 

Introduzione 

Etimologicamente parlando il termine “Cyber” deriva dall’abbreviazione del sostantivo inglese cibernetica, che fa riferimento a tutto ciò che è collegato al mondo virtuale e all’interazione tra l’uomo e il computer. Partendo da questo legame tra umani e tecnologia sono diversi i sostantivi che utilizzano il suddetto confisso, infatti ad oggi spesso ci troviamo a sentire parole come: cybernauta, cyberspazio, cybercaffé, cyberpirata, cybersecurity ecc.

Così, in un mondo altamente connesso intersecato da una fitta rete di relazioni reali e anche virtuali, è sempre più diffuso anche un triste fenomeno quello del Cyberbullismo, che la legge del 29 maggio 2017, n. 71 definisce come : “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identita’,alterazione,acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonche’ la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o piu’ componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Trattasi dunque di una nuova forma di violenza derivante dal classico bullismo, i cui protagonisti instaurano una relazione asimmetrica in cui i comportamenti violenti del bullo e/o cyberbullo sottomettono e feriscono intenzionalmente la propria vittima, un soggetto particolarmente debole e indifeso che subisce passivamente questi attacchi.

A favorire la diffusione del fenomeno sono determinate caratteristiche intrinseche allo stesso, proprie di una modalità di attuazione in un contesto virtuale; è così gli che attacchi da parte dei cyberbulli sono semplificati da alcuni elementi tra cui la libertà di quest’ultimi di poter agire in qualsiasi momento, a differenza della vita reale in cui la vittima deve essere necessariamente presente, avendo anche l’impressione di essere quasi invisibili durante “l’attacco”, che avviene filtrato dallo schermo del pc o dello smartphone, accrescendo così la sensazione di sicurezza nell’agire e potere di controllo delle proprie azioni.

Altro elemento da non trascurare è l’impossibilità di vedere la reazione della persona perseguitata. La mancanza di fisicità favorisce un maggiore distacco emotivo che preserva dalla possibile insorgenza del senso di colpa e ciò incentiva la perseverazione della condotta deviante. Inoltre, agendo tramite la creazione di un profilo internet creato “ad hoc” con una falsa identità, si assiste a una sorta di dissociazione della personalità ascrivendo il danno causato non a sé stessi ma al proprio alter ego del profilo che agisce, minimizzando la responsabilità.

Riprendendo la teoria di Bandura (1986) questi aspetti peculiari del fenomeno possono associarsi anche a forme di disimpegno morale, ovvero una serie di meccanismi che si innescano nella mente del cyberbullo per giustificare e accettare il proprio agire scorretto ed evitare così l’emergere di sensi di colpa e vergogna.

Considerazioni

È importante approfondire questo fenomeno perché è sempre in aumento considerando che ormai la vita online è parte integrante della nostra vita reale e, di conseguenza, molto di ciò che noi siamo si manifesta nel virtuale.

Riprendendo Bauman (2011) “La nostra vita (e ancor più quella delle giovani generazioni) è scissa tra due universi, online e offline, e irrimediabilmente bipolare. Poiché ognuno di questi due universi ha un proprio contenuto concreto e proprie regole procedurali, quando passiamo da una parte all’altra tendiamo a utilizzare lo stesso materiale linguistico, senza renderci conto del cambiamento di campo semantico che avviene ogni volta che varchiamo il confine. Perciò non c’è modo di evitare una compenetrazione tra quegli universi: l’esperienza di uno di essi non può che ri-formare l’assiologia su cui si basa la valutazione dell’altro. Non si può descrivere correttamente la parte di vita che trascorriamo in uno dei due universi, non se ne può afferrare il significato né se ne può comprendere la logica e la dinamica, senza guardare alla avuta dal secondo universo nella sua costituzione. Si può dire che virtualmente qualsiasi nozione collegata agli attuali processi di vita rechi inevitabilmente il segno di questa bipolarità”.

A contraddistinguere le caratteristiche del fenomeno del Cyberbullismo sono tre elementi, messi in luce da una ricerca condotta da Hinduja e Patchin (2009): secondo gli autori, per essere considerata tale, la condotta del cyberbullo deve essere “willful“, cioè l’azione compiuta è premeditata e intenzionale, “repeated“, gli atti lesivi devono essere ripetuti nel tempo in maniera ciclica, ed “harm“, ovvero deve essere presente la sensazione di appagamento e godimento da parte del bullo per il danno inferto alla propria vittima.

Dalla ricerca si delinea anche il profilo della vittima, trattandosi spesso di adolescenti o anche bambini in una condizione di fragilità o fisica o di personalità come ad esempio disabili, omosessuali e soggetti provenienti da situazione socio-economiche più svantaggiate rispetto ai pari del loro gruppo; particolarmente presi di mira sono anche i ragazzi stranieri.

Il cyberbullo, a seconda degli atteggiamenti che assume durante la sua azione violenta sul web può assumere diversi profili; Kowalski e Limber (2007) ne delineano 4:

1- l’angelo vendicatore: si tratta di ragazzi che al loro volta hanno subito attacchi violenti ma che non hanno ricevuto il supporto di nessuno, né insegnanti, né genitori, né gruppo di pari; di conseguenza la rabbia e la frustrazione derivate dalla sofferenza subita evolvono nello sviluppo di un sentimento di vendetta e rivalsa, convertendo il prioprio ruolo da vittima a vessatore;

2- l’avido di potere: in questo caso il cyberbullo è un soggetto che nella vita reale ha difficoltà ad affermarsi, e che gestisce questa frustrazione cercando di ottenere nella sua vita online il controllo e l’approvazione degli altri tramite una condotta aggressiva.

3- l’annoiato: è il tipico caso di quei giovani che assumono comportamenti vessatori nei confronti degli altri per gioco, per fronteggiare la monotonia della vita, una monotonia sovente causata di una profonda condizione di disagio e povertà valoriale, che alimenta uno stato di insoddisfazione.

4- l’inconsapevole: si tratta di ragazzi che compiono a loro insaputa azioni illecite e anche perseguibili per legge, come creare diversi profili falsi o appropriarsi della password di una terza persona agendo per loro conto.

Oltre alle tipologie di cyberbullo finora elencate è possibile differenziare anche diverse tipologie di condotte online violente. In Barone (2016) vengono svariati modelli comportamentali tra cui il Flaming, ovvero lo scambio di messaggi in chat tra due o più persone con tono violento e provocatorio, con lo scopo di innescare delle liti a discapito del soggetto più fragile partecipante alla conversazione, riconosciuto come perdente o loser. Assistiamo anche azioni dette di Harassment, ovvero l’invio con insistenza e persistenza di messaggi o email molesti, che opprimono la vittima ed attuano un controllo su di essa dominandola e assoggettandola, arrivando nei casi più estremi a parlare di Cyberstalking.

Un’altra mossa è quella della Denigration: lo stesso termine descrive lo scopo dell’azione, ovvero denigrare e svalutare, anche attraverso la diffusione online di foto o altro materiale offensivo fotomontato, la reputazione del mal capitato preso di mira dal cyberbullo; in questo ultimo caso, spesso, anche i docenti possono essere le principali vittime.

Altro modello è l’Impersonation, un vero e proprio furto di identità virtuale, con l’obiettivo di danneggiare l’immagine della persona che ha subito il furto tramite l’invio di messaggi provocatori e violenti da parte sua o la condivisione sul web di materiale compromettente.

Tra i comportamenti tipici del cyberbullo c’è anche l’Exclusion, cioè il fare in modo di escludere dal gruppo un componente sotto attacco, facendo di tutto per isolarlo dagli altri a scopo punitivo; in gergo la vittima si dice che viene “bannata” dal gruppo.

Un’ulteriore tipologia di azione è il Cyberbashing, un esempio di condotta particolarmente violenta e pericolosa e ad alta possibilità di diffusione ed emulazione, perché è quasi una challenge: difatti si filma una lite in cui la vittima viene aggredita e anche malmenata, per poi pubblicare il tutto sui social, ai fine di ottenere quanti più “like” aumentando i propri follower a discapito delle conseguenze sia fisiche che psicologiche di chi subisce questa forma di violenza , una violenza che va oltre l’episodio reale ripreso, ma soprattutto per l’oltraggio e la denigrazione che la persona deve sopportare relativa alla diffusione e condivisione sui Social intaccandone la reputazione, a volte fino al punto tale che la vittima, non reggendo questa sofferenza tenta di suicidarsi.

Infine rientra tra gli atti di cyberbullismo anche il Grooming, vale a dire una condotta attuata da persone il più delle volte adulte il cui obiettivo è adescare in rete dei minori per raggirarli e convincerli a partecipare ad attività di carattere solitamente sessuale.

Appare evidente come alla base del comportamento deviante nel cyberbullismo, per quanto scorretto, ci sia la manifestazione di un disagio, di una mancanza e sofferenza interiore che non trova altro modo di essere comunicata se non attraverso la violenza e l’aggressività. A tal proposito non bisogna solo additare e colpevolizzare i soggetti che compiono questi atti, ma è necessario conoscere quali possano essere le cause per poter intervenire e prevenire l’insorgenza di certe condotte.

Cerchiamo dunque di approfondire la figura e le caratteristiche di personalità che contraddistinguono il cyberbullo. Frequentemente si tratta di persone impulsive, violente, tendenti a dominare e manipolare gli altri, scarsamente rispettosi delle regole sociali e con una bassa capacità di tollerare la frustrazione; ma uno degli aspetti principali che favoriscono l’azione del cyberbullo è la difficolltà a riconoscere il punto di vista e gli stati d’animo altrui (Andreotti, 2018). Questo difetto della capacità empatica genera, come afferma Pennetta(2019), “un vero e proprio analfabetismo affettivo. Se la consapevolezza dei propri stati emotivi è il presupposto fondamentale per un’adeguata gestione della vita affettiva, nel bullismo quest’ultima risulta connotata da reazioni emotive istintive che prendono il sopravvento su una qualsiasi alternativa ragionata. La tendenza all’agito è particolarmente spiccata, un agito che si sostituisce al pensiero”.

Ad avvalorare questo assunto appare interessante quello che affermano Costa et al. (2011): “Oggi i bambini si sentono sempre più soli, più ribelli, più rabbiosi, più depressivi, più nervosi, più inclini alla preoccupazione, più impulsivi, più aggressivi. Nasce da questa realtà l’esigenza di insegnare ai nostri bambini l’alfabeto emozionale, che riguarda le capacità emotive interpersonali e intrapersonali, fondamentale la capacità di relazione con gli altri e con se stessi, che si fonda sull’intelligenza emotiva“.

Partendo da questi presupposti, nell’analisi del cyberbullismo si può parlare di una forma di “devianza emozionale”,  essendo definito lo stesso Internet come una “tecnologia dell’emozione” che, se non adeguatamente educati al suo utilizzo, può essere causa dello sviluppo di una forma di affettività distorta, una sorta di deficit socializzativo, inteso come incapacità di riconoscere e modulare le emozioni nei contesti reali e virtuali (D’Ambrosio, 2020).

Un altro aspetto da non sottovalutare è che, considerato l’effetto pervasivo di Internet e dei Social sulle nostre vite -in particolar modo per i giovani adolescenti-, ne consegue che anche lo sviluppo del processo identitario subisca delle trasformazioni rispetto alle teorie classiche, soprattutto rispetto alla possibilità sul Web di poter creare diversi profili, e quindi fare i conti con la gestione di diverse identità e, come abbiamo visto in precedenza, proprio questo mascherarsi dietro un falso sé è una delle cause principali che rafforzano l’agire del cyberbullo perché permette di minimizzare la responsabilità individuale.

D’altra parte l’affermarsi del concetto di sé dipende dalle esperienze che facciamo tramite le relazioni interpersonali, nella convivenza e nello scambio con gli altri; dunque le svariate possibilità di connessione delle nuove tecnologie comunicative legate al Web e i vari scambi relazionali che ne conseguono, fanno si che la rete riesca a captare anche i nostri bisogni e desideri profondi, strutturando stili di personalità multipla che integrano aspetti del reale e del virtuale.

In questo contesto è interessante l’interrogativo che si pone la sociologa Simonetta Bisi rispetto alle prospettive future di questa rivoluzione comunicativa che stiamo vivendo chiedendosi se la rete e i suoi usi  “travolgeranno la parete che ci separa dalla dissociazione schizofrenica della personalità multipla? Oppure, effettivamente il gioco con l’identità è una risorsa del tutto nuova e davvero in grado di creare soggetti fluidi, aperti, consapevoli della propria irriducibilità ad una unità soltanto illusoria?”. (Bisi,2003)

Una risposta a questo quesito è possibile rintrancciarlo nelle parole di Indelicato (2023) “L’azione, l’agire deve essere incorniciato all’interno di uno spazio e di un tempo che nel delimitarne i contorni , nello stesso tempo, gli da significazione. Il tempo per sua natura è storicizzato presupponendo un prima e un dopo anche quando si esplica nel presente. Con Sant’Agostino sappiamo che il passato vive nel presente attraverso il ricordo cosi come il futuro costituisce la proiezione dell’azione presente. Nel momento in cui la storia passata viene meno attraverso la rottura con le generazioni precedenti risulta complicato poter programmare l’azione futura. E’ il momento della sospensione, non solo del tempo, ma anche dell’identità che deve necessariamente contenere una storia per poter progettare il cambiamento futuro. Quest’ultimo presuppone un contrasto, un conflitto che deve essere elaborato tra vissuti presenti e passati. In assenza, l’identità diventa instabile e continuamente mutevole poiché sottoposta solo all’immediato, all’istantaneità. E’ in queste condizioni che sorge la patologia dell’istantaneità che si fonda su un vuoto legato all’assenza dell’alterità storica. La rottura tra le generazioni produce un vuoto incolmabile poiché non permette di riconoscersi e appartenere ad una storia condivisa”.

Conclusioni

A partire da questa consapevolezza relativa ad un’immaturità identitaria ed emotiva del cyberbullo e,  più in generale dei giovani che si apprestano all’uso di internet, le principali agenzie educative – quali la famiglia e la scuola- devono essere informate, formate e supportate per dar vita a un’etica delle relazioni digitali per limitare e prevenire proprio l’insorgenza delle diverse condotte devianti emergenti sul Web, primo fra tutte il Cyberbullismo. Si tratta in prima istanza di definire una regolamentazione chiara sull’uso di Internet, senza farsi travolgere dalla concezione stessa del Web in cui tutto è permesso e concesso, per cui si innesca una sorta di deresponsabilizzazione dell’azione in quanto vi è l’illusione proprio per l’assenza di un contatto diretto con l’altro, ma mediato da uno schermo come afferma Pira (2014): “L’eccesivo esercizio di libertà individuale si realizza in una sorta di anarchia comunicativa, l’eccesso di connessione, la dipendenza dal concetto di determinismo tecnologico in funzione del quale i cambiamenti che stanno avvenendo sono il frutto quasi inevitabile dell’evoluzione tecnologica di cui sembriamo vittime, ci dimostrano quanto urgente sia l’imperativo di costruire regole condivise. Del resto il concetto stesso di democrazia si basa sulla scrittura di un insieme di regole costruite attraverso un processo di partecipazione e accettate, che possono, naturalmente e necessariamente, essere modificate nel tempo”.

Fondamentale diventa dunque il contributo della scuola che funge da principale realtà di osservazione del fenomeno e delle dinamiche relazionali che si instaurano, intercettando l’insorgenza di possibili condotte devianti e, collaborando insieme alle famiglie, per intraprendere un percorso di sostegno nei confronti di quei ragazzi più fragili che hanno manifestato il loro disagio e la loro difficoltà comunicativa e relazionale tramite comportamenti violenti tipici del cyberbullismo. Comportamenti che quindi vanno si richiamati e puniti, ma che devono fungere come base per un intervento psico-educativo di “riabilitazione” della personalità del ragazzo.

Il ruolo della famiglia appare dunque di primaria importanza in cui l’elemento base da coltivare è la comunicazione aperta tra genitori e figli, secondo un approccio positivo e proattivo, basato senza dubbio su affetto, empatia, ma anche sulla presenza di limiti e regole stabilite, motivando le ragioni di alcune prescrizioni attraverso strategie di comunicazione efficace che abbiano uno scopo costruttivo e protettivo sia dell’agire del ragazzo che della relazione con il genitore stesso. Infatti non si tratta di imporre dei limiti, ma di dare significato, insieme al proprio figlio, alle motivazioni alla base di alcuni divieti così da non creare dei muri tra genitori e figli, ma generare un’alleanza così da rafforzare quella fiducia necessaria per una partecipazione attiva della famiglia alle scelte e ai comportamenti del ragazzo: “condividere l’uso della tecnologia e partecipare attivamente all’esplorazione e alla conoscenza delle risorse mediatiche crea l’opportunità per rimanere aggiornati sulle attività online dei propri figli e modellare per loro modi appropriati per utilizzare le tecnologie digitali e i nuovi media”. (Helfrich et al., 2020).

È anche opportuno che i genitori si documentino sui possibili effetti e rischi dell’utilizzo della Rete per essere più pronti a individuare e intervenire in caso di atteggiamenti sospetti del proprio figlio come strani cambiamenti di umore o possibili disturbi psicosomatici.

Per quanto riguarda ancora la scuola, è opportuno promuovere un clima di classe collaborativo e non competitivo, educando all’empatia, al rispetto dell’altro e all’ascolto creando tra gli alunni un senso di appartenenza e dando vita anche a una relazione non solo didattica, ma affettiva tra docente e discente, che riconosca nell’insegnante una figura protettiva e di supporto a cui potersi rivolgere in caso di situazioni di rischio. Inoltre anche gli insegnanti, come i genitori, è bene che siano formati tramite appositi progetti di formazione sui i rischi che si corrono online.

Non si tratta di demonizzare Internet e la Rete in generale, ma di sensibilizzare ad un uso competente e consapevole di questi ultimi.

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Bibliografia

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Barone,L.(2016). Bullismo e cyberbullismo: Riflessioni, percorsi di intervento, prospettive. Key Editore. Pag 42-44.

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Helfrich, E. L., Doty, J. L., Su, Y. W., Yourell, J. L., & Gabrielli, J. (2020). Parental views on preventing and minimizing negative effects of cyberbullying. Children and Youth Services Review, 118, 105377.

Hinduja,S.,Patchin,J.W.(2009). Bullying beyond the schoolyard: preventing and responding to cyberbullying. Thousand Oaks: Corwin Press

Indelicato, M., (2023), “Millennials” e “Z”: generazioni a confronto. https://www.rivistapsp.it/millennials-e-z-generazioni-a-confronto/

LEGGE 29 maggio 2017, n. 71- Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo. (17G00085) (GU Serie Generale n.127 del 03-06-2017) https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/06/3/17G00085/sg

Pennetta, A.L.(2019). Bullismo, Cyberbullismo e nuove forme di devianza. Giappicchelli Editore, Torino p.10

Pira,F.,(2014), Cyberbullismo, sexiting, “ragazze doccia”. I nuovi pericoli per i più piccoli nella rete.Humanities, Anno III,117 Numero 6, Giugno 2014. https://cab.unime.it/journals/index.php/hum/article/view/1459/3

Kowalski,R.M.,Limber,S.P.(2007). Electronic bullying among middle school students. Journal of Adolescent Health, 41,822-833.

 

Dott.ssa Francesca Torre, Psicologa Clinica