Il Narcisismo digitale

A cura della Dott.ssa Pamela Cantarella, Psicologa Clinica, in formazione presso Scuola di Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale, Responsabile Settore Comunicazione Pronto Soccorso Psicologico-Italia.

Abstract

La diffusione, negli ultimi anni, soprattutto tra adolescenti e giovani adulti, di “comportamenti narcisistici” caratterizzati da un grado sproporzionato di preoccupazione per sé stessi, dalla noncuranza degli altri e dalla mancanza di empatia, dalla dipendenza dall’ammirazione e dalle conferme provenienti dal mondo esterno, ha portato diversi Autori ad indagarne i motivi.

Si è subito riscontrato uno stretto legame con l’avvento del Web, ed in modo particolare dei Social Network, che hanno consentito una proliferazione delle dinamiche prima accennate sotto forma di Narcisismo “digitale”: la Rete, infatti, rappresenta perfettamente lo “specchio” in cui riversare una quantità di contenuti legati al Sé e alla propria immagine -quasi sempre non realistici- di cui si è alla ricerca ed in attesa di ammirazione.

Il mondo della Multimedialità, proprio per le sue caratteristiche, funge da “cassa di risonanza” di tutte queste informazioni, e da moltiplicatore del desiderio di “essere al centro dell’attenzione degli altri”.

A questa pratica comunicativa basata sull’egocentrismo si accompagna una forte “noncuranza del prossimo”, in quanto l’altro risulta importante solo quale “spettatore” delle proprie ostentazioni.

Quando tutto ciò prende il sopravvento sulla vita offline, che diventa secondaria rispetto a quanto avviene nel mondo virtuale, si riproduce proprio l’esperienza mortifera del mito Narciso di fronte allo specchio d’acqua: innamorarsi di una “chimera” e perdersi completamente nel tentativo di afferrarla.

O, detto altrimenti: rimanere intrappolati in una visione esclusiva, seppur ammaliante, di sé stessi, che paralizza ogni possibilità di confronto con l’altro e, dunque, di arricchimento e di crescita.

Narcisismo digitale

“Nell’Era della Tecnologia si sta imponendo sempre più una cultura del Narcisismo Digitale, in cui si utilizza Internet per diventare noi stessi le notizie, l’informazione,

[…]attraverso una spettacolarizzazione del Sé che denota, in realtà, un’autoreferenzialità mortifera”, (A. Keen).

 

Introduzione:

Il termine Narcisismo è da far risalire alla vicenda dell’antico mito Narciso, giovane bellissimo che, innamoratosi perdutamente della propria figura riflessa nell’acqua di una sorgente, annegò per averla voluta contemplare troppo da vicino fino ad abbracciarla.

Da allora si utilizza con il significato di “amore per la propria immagine”, “amore per sé stessi”, ma prevalentemente nell’ottica di un’”autoreferenzialitá mortifera” (G. Belotti, 2020), in quanto l’esito tragico in cui culmina la vicenda di Narciso deriva da una radicale assenza di relazioni con l’”altro da sé”, che non fa neanche lontanamente sospettare al protagonista d’esser proprio lui il bellissimo giovane della cui immagine riflessa nell’acqua sorgiva si innamora proprio perché, chiuso nel suo isolamento, non ha mai fatto esperienza della relazione con l’altro.

In conseguenza di ciò, quel che il narcisismo sembra comportare è la riduzione d’ogni alterità a “riflesso di sé”, e ciò che il mito insegna è che la totale chiusura in sé stessi è la premessa obbligata per giungere alla morte: “solo un rapporto vivente con un’altra vita può alimentare il desiderio, che invece, se ripiegato su sé stesso, cioè rinchiuso nel suo isolamento, muore come desiderio e finisce con l’uccidere lo stesso desiderante” (M. Blanchot, 1980).

In ambito psicoanalitico fu Freud ad introdurlo, distinguendo tra:

– un “narcisismo primario” (concepito come uno stadio intermedio tra autoerotismo ed alloerotismo) in cui il bambino investe tutta la sua libido su sé stesso prima di rivolgerla agli oggetti esterni; in questa fase l’appagamento è ancora autoerotico, ma con riferimento ad un’immagine unificata del proprio corpo o a un primo abbozzo dell’Io (S. Freud, 1914);

– ed un “narcisismo secondario”, caratterizzato da un ripiegamento sull’Io della libido sottratta ai suoi investimenti oggettuali: “L’Io va considerato come un grande serbatoio di libido da cui viene emanata la libido sugli oggetti, essendo comunque l’Io sempre pronto ad assumere su di sé la libido che da questi rifluisce” (S. Freud, 1922).

Mentre il “narcisismo primario” costituisce dunque una tappa dell’esistenza che riguarda il bambino, che nella sua esperienza di crescita transiterà da un “egocentrismo fisiologico ed intrinsecamente naturale” (caratterizzato da una “fase di onnipotenza” durante la quale, non avendo ancora sviluppato la consapevolezza del controllo al di fuori del Sé, collegherá a sé stesso l’origine dei fenomeni esterni), ad una condizione in cui avvertirá “il bisogno e l’interesse nei confronti dell’altro”, non piú come mero soggetto di cui servirsi, ma come qualcuno a cui tendere in base ad una “prospettiva relazionale” frutto di un sano decentramento, che stará proprio ad indicare un adeguato progresso del processo di crescita,

il “narcisismo secondario o protratto” riguarda invece l’età adulta, e può assumere tratti patologici nel momento in cui il soggetto ri-orienta tutto il proprio sguardo verso sé stesso, in un progressivo abbandono dell’interesse nei confronti dell’altro, andando a fa convergere ogni attenzione esclusivamente sul proprio Ego.

Quindi, da noncuranza ingenua e di passaggio (frutto di una fisiologica fase dello sviluppo intra-psichico di ogni soggetto), a “vera cecità” verso chi sta di fianco al proprio “io”, che non consente di allargare la visione che rimane così “fissa sul proprio riflesso”, fino a paralizzare, in quello spazio limitato, ogni opportunità di interscambio e dunque, di confronto e di crescita.

Un accenno si vuole però fare anche all’”accezione positiva” del termine Narcisismo inteso, in questo caso, come “sana quota di amor proprio”: amare se stessi è infatti senz’altro auspicabile, ancor prima che normale, e ciò consente di mantenere un buon livello di autostima, fondamentale per condurre la propria vita senza le limitazioni imposte da una scarsa fiducia nelle proprie capacità e possibilità.

Il narcisismo è un tratto della personalità e può essere considerato, secondo la logica di un continuum, uno stato normale. […] Esso ha di per sé un’accezione positiva: indica l’amore sano e legittimo per sé stessi” (W. Behary, 2013).

O ancora: “Il narcisismo sano rimanda alla capacità di mantenere un senso di sé coeso e livelli di autostima adeguati e realistici, attraverso processi di autoregolazione emotiva e regolazione interpersonale. […]Il narcisismo risulta adattivo quando consente all’individuo di affrontare anche eventuali frustrazioni che rischiano di intaccare la valutazione di sé” (M. Galimberti, 2019).

Considerazioni:

Quel che preme maggiormente affrontare ed approfondire in questa sede è l’accezione “digitale” del Narcisismo;
esso, con tutte le dinamiche prima descritte che lo riguardano, in questi ultimi anni ha assunto una “veste nuova” grazie alla Tecnologia e ai nuovi mezzi di comunicazione rappresentati soprattutto dai Social Network.

Il “narcisista digitale” trova proprio nelle modalità comunicative tipiche degli “ambienti virtuali” i mezzi ideali per soddisfare i propri bisogni soprattutto di riconoscimento ed approvazione.
Proprio i Social Network sembrerebbero offrire “il perfetto ambiente per tutti quei soggetti con spiccati tratti narcisistici che hanno l’intento di promuovere sé stessi e cercare l’ammirazione degli altri su larga scala” (L. E. Buffardi, 2008).

Uno degli assunti di base della “Teoria degli usi e delle gratificazioni” (Uses and Gratification Theory, UGT) sostiene che “nel processo di comunicazione di massa gran parte dell’iniziativa nel collegare il bisogno di gratificazione e la scelta di quali media utilizzare rimane al pubblico: questa affermazione comprende l’idea che le persone utilizzano i media per il loro proprio vantaggio più di quanto i media usino loro” (E. Katz, M. Gurevitch, H. Haas, 1973);
quindi, più l’individuo percepisce che un medium soddisfa alcuni suoi bisogni, più lo userà proprio per quello scopo ed, a maggior ragione, se non è capace di riuscirci nell’ambiente reale.

Ecco che allora è possibile rendersi conto di come il Web incoraggi tutta una serie di comportamenti tipici di una cultura definibile “narcisistico-digitale”, che consistono prevalentemente in un “egocentrismo” cosí accentuato da apparire a tratti patologico (U. Zona, 2015), di cui l’”oversharing” è l’emblema.

Con questo termine si intende un “eccesso di condivisione di informazioni” personali e private che vengono postate in Rete e soprattutto sui vari Social (basti pensare ai famosi “selfie” che rappresentano visivamente il soggetto, o agli scatti che ritraggono le varie attività che egli svolge o i luoghi che visita), attraverso un “volersi mettere in mostra” e “spettacolarizzare” alcuni fatti della propria esistenza, alla ricerca di essere “visto, riconosciuto ed apprezzato”. Tutto ciò denota un desiderio di apparire e di dimostrare qualcosa di sé, nella speranza che possa venire giudicato “degno” di considerazione ed ammirazione.

In una realtà caratterizzata da soggetti “always on”, dove “se non sei connesso non sei nessuno” e dove soprattutto “si usano le immagini per esistere”, avere quanti più spettatori ed ammiratori possibili è infatti ritenuto una delle forme di successo tra le più importanti al giorno d’oggi.

Si potrebbe sostenere che “l’oversharing rappresenti dunque l’autentica invasione del mondo online nella vita privata della persona”, […]e tra i possibili meccanismi che sottostanno ad un tale comportamento si trovano innanzitutto “la ricerca di attenzione, il bisogno di appartenenza; accanto ad essi, ma in misura minore, anche la documentazione e conservazione di momenti speciali” (Boursier et all., 2020).

Strettamente legato al fenomeno dell’oversharing vi è il costrutto di “estimitá”, coniato dallo psichiatra francese S. Tisseron (opposto all’”intimità”, quale essenza del “privato”, da custodire e proteggere).
Con esso si intende un atto pensato per “rendere pubblici” elementi della vita intima, al fine di valorizzarli grazie ai commenti che si ricevono da chi li guarda: “Il desiderio d’estimità consiste nel mostrare dei frammenti della propria intimità di cui noi stessi ignoriamo il valore […]con la speranza che lo sguardo degli interlocutori ne riconosca il valore e lo renda tale ai nostri occhi” (M. Lazzeri, 2019).

Proprio a questo proposito, il “diritto alla Privacy e all’intimità” risulta uno degli aspetti che hanno maggiormente risentito dell’avanzare della Tecnologia; esso rappresenta un diritto umano fondamentale, e dovrebbe garantire la possibilità di “proteggere” alcuni aspetti della propria vita (A. Simoncini, A. Adinolfi, 2022; A. Pajno et al., 2019; G. Sartor, 2022).

Da un’analisi delle dinamiche diffuse in Rete emerge che oggigiorno sempre più soggetti (specialmente i giovani) sono alla continua ricerca di un proprio “spazio privato” e, dal momento che nel reale lo percepiscono come negato, lo ricercano sempre più spesso nel virtuale: chat, social, forum danno l’impressione di poter godere di un proprio “spazio personale”, di appartenere a delle “piccole comunità”.
Spesso è proprio lo stesso termine di “community” a distorcere ingannevolmente la prospettiva: si tratta infatti di un “falso senso di intimità”, che spinge ad esporre troppo la propria vita privata e a rivelare anche informazioni personali sensibili, con dei risvolti che mettono in pericolo la privacy.

Purtroppo oggi sembra essersi totalmente perso di vista il fatto che quando si inseriscono dei dati online (informazioni personali, scritti, riflessioni, pensieri, immagini e foto..) questi possono essere copiati, rielaborati, diffusi anche a distanza di anni, e rimangono “imbrigliati” nella Rete per più tempo di quanto si pensi.

L’uso delle più recenti tecnologie, permettendo di “assecondare la smania di condivisione ed il bisogno di considerazione sociale”, rende purtroppo i dati sensibili “indifesi”, facendo perdere, allo stesso tempo, la percezione del rischio: nelle “piazze virtuali”, sebbene siano possibili straordinarie forme di interconnessione, si ritrovano così anche seri pericoli per la sfera personale degli individui che vi interagiscono.

Bisognerebbe pertanto essere consapevoli di quanto, all’interno delle dinamiche della Rete, il diritto all’intimità e alla riservatezza si trovi minacciato e debba quindi essere maggiormente “salvaguardato”, muovendosi proprio in un’ottica di recupero e rivalutazione del concetto di privacy.

Sulle indagini in merito al “come mai si condividano con disattenzione e superficialità certi contenuti privati”, ci vengono in aiuto i risultati di diverse ricerche condotte negli ultimi anni a tal proposito che, in generale, sostengono che quando sui Social si postano e condividono con molta frequenza dei contenuti, significa che “si ha un forte bisogno di esprimersi, di raccontarsi e di mostrarsi”, esponendo le immagini migliori di sé ed anche i propri pensieri piú personali ed intimi, alla ricerca di una gratificazione che provenga dell’”approvazione sociale” (F. Rose, 2013).

Ciò manifesta l’esigenza, oggi sempre più forte, di “ottenere la considerazione altrui”: essere al centro dell’attenzione con i contenuti delle proprie condivisioni dona la sensazione di “essere riconosciuti, apprezzati e visti dagli altri”.

Il “bisogno di pubblico” collima con il “desiderio di ricevere approvazione e stima”, oltre alla “popolarità” sul Web basata sul raggiungimento di quanti più “consensi” possibili, anche se attraverso un mero esibizionismo del proprio Ego: l’esposizione di “contenuti perfetti”, spesso non del tutto reali, offre infatti un’”immagine distorta e un senso di identità alterato”, ed il numero di followers e di commenti positivi, così come iI numero di Like ricevuti, non fanno altro che amplificare e gonfiare un sé artificiale, quasi sempre creato “ad hoc” (M. Rota, 2019).

Un altro aspetto importante tanto quanto allarmante è proprio la possibilità che offre il virtuale di “enfatizzare gli aspetti positivi della propria persona e del proprio aspetto” ed ometterne le caratteristiche negative, consentendo la “predominanza del Sé ideale” rispetto al Sé reale.

La congruenza o la discrepanza tra tali dimensioni del Sé costituisce un fondamentale indicatore del livello di Autostima dell’individuo: “maggiore è la coerenza tra Sé reale e Sé ideale, maggiore sarà il grado di autostima percepito e viceversa” (M. Agostini, 2017).

I meccanismi innescati dalle vetrine offerte dai Social, la “ricerca della popolarità online” e soprattutto la “mania di collezionare quanti più Like possibili”, condizionano quindi profondamente l’umore e possono avere un impatto negativo anche e proprio sull’Autostima:
quest’ultima appare infatti direttamente proporzionale alla quantità di feedback positivi ricevuti, lasciando sempre più soggetti preda di condizionamenti esterni che sottolineano “un’elevata fragilità strutturale”, tanto da portarli ad affidare il valore di sé alla Rete.

È questo il rovescio della medaglia nei soggetti narcisisti: una grande vulnerabilità dietro la facciata grandiosa, una profonda solitudine dietro l’auto-esaltazione: “se l’altro non mi vede, io non esisto”.

È un allarme preoccupante che denota, in fondo, profonda incertezza ed inquietudine interiore; ecco che allora ci si rivolge all’altro in cerca di risposte, mossi da quel bisogno comune ad ogni essere umano: quello di “essere visti amati e considerati”.

La personalitá narcisistica, contrariamente a quanto si pensi, non è organizzata per essere a prova di proiettile, ma rappresenta piuttosto una fragile armatura di vetro;
[…]la novità dei Social Network è stata solo quella di sfumare i limiti tra narcisismo “overt” e narcisismo “covert”, trasformando narcisisti timidi e inibiti che nella vita reale conducono esistenze modeste sul piano emotivo e pulsionale, in gloriosi dominatori della loro personalità esclusivamente a livello di proiezione digitale (V. Rosso, 2016).

Il rischio principale è che le persone, con le proprie vite intime, diventino la vera merce spettacolarizzata della vetrina digitale: “l’evoluzione ci ha trasformati nel prodotto che genera ricchezza attraverso quello che mostriamo, facciamo, cerchiamo e comunichiamo attraverso la spettacolarizzazione permanente delle nostre vite, in una rappresentazione anche di aspetti del privato che, fondendosi con i media digitali, assume e confonde gli aspetti simulativi” (V. Codeluppi, 2007).

Ecco manifestarsi, ancora una volta, il rischio costante di corto circuito tra realtà e finzione, ed il problema dell’indefinitezza del limite tra virtuale e reale.
La tecnologia, tra le sue tante potenzialità, offre infatti anche e soprattutto “la possibilità di superare i confini che esistono tra fantasia e realtà” (J. Marsh).

L’esperienza della Rete permette innanzitutto il “dissolversi dei confini dell’Identità”, in primo luogo per l’”assenza della corporeità” che consente di sostituire il proprio aspetto reale con delle “immagini di sé create ad hoc” ed appartenenti a dei “modelli ideali” di riferimento.

Nel mondo virtuale frammenti di identità non proprie vengono prese continuamente in prestito e “combinati” in modo da “costruire” uno o più Sé che siano il più possibile “adatti” alle varie situazioni/relazioni in cui il soggetto è inserito.
Ne risulta un individuo che può “scegliere”, di volta in volta, “chi” e “come” essere, riuscendo a superare tutti i limiti della realtà, in sintonia con le proprie aspettative ed i propri desideri, e divenendo il “creatore di sé stesso”, o self made man.

Se da una parte ciò consente una facilitazione nei rapporti sociali in Rete in quanto si riducono notevolmente le eventuali inibizioni derivanti da condizioni di svantaggio presenti nelle interazioni dirette, il rischio è la “fusione tra realtà e virtualità”, e la conseguente “confusione” per la perdita di riferimenti reali e concreti, soprattutto per quei soggetti appartenenti a specifiche fasce di età (prima tra tutte l’adolescenza) che non riescono più a distinguere le proprie stesse “maschere” dal proprio vero Sé.

Conclusioni:

Si può dunque affermare che il Web incoraggi lo sviluppo di una “cultura narcisistica” che si manifesta attraverso l’esibizione di identità digitali seducenti, anche se molto spesso fittizie.

Mostrarsi in maniera spettacolare oggi è il modo principale di esserci: “si esiste solo se si può essere guardati riconosciuti e apprezzati”, confidando nel consenso esterno per confermare a sé stessi un valore di cui si è i primi a dubitare.

I risultati di numerosi studi in questo ambito rivelano che i narcisisti, al di lá delle dinamiche della Rete, vivono in superficie, nell’”anticamera di sé”, temendo di entrare in contatto profondo con sé stessi e con la propria interiorità; la paura di non piacere è il motore che muove i loro comportamenti, e per esorcizzarla si condannano ad un’esistenza che si consuma nell’esteriorità, auto-eleggendosi primi attori di un palcoscenico immaginario.

Traslando tali svolgimenti in “ambito digitale”, si potrebbe sostenere che il palcoscenico sia incarnato dal Web e piú precisamente dai Social, mentre i follower rappresentino il pubblico, ed i Like gli applausi; ciò che rimane invariato è lo sforzo costante delle personalità narcisistiche finalizzato a non costruire un rapporto autentico con sé stessi e con gli altri, ma a rendere piuttosto credibile la finzione che viene inscenata.

Tutto ciò fintanto che non calano le luci della ribalta e l’angoscia e la solitudine prendono il sopravvento; inoltre basta che gli interlocutori non cadano nella rete della fascinazione, perché l’Ego del narcisista, digitale o meno, crolli ed in lui si ingeneri una forte crisi.

Ecco che allora recuperare la fiducia in sé stessi e cercare approvazione dentro di sé, possono ritenersi i passi vincenti di un percorso che si ponga di affrontare la “dipendenza dai consensi altrui” ed il malessere esistenziale dovuto al mancato contatto con la propria Interiorità, entrambi riflessi psicopatologici dell’attuale società sempre più governata dai meccanismi degli ambienti digitali.

In tutto ciò un appunto va fatto anche in relazione al ruolo dell’Altro, che esiste solo come colui che contribuisce ad un ritorno di ammirazione; la sua è di fatto un’assenza che lascia il posto ad un “rafforzamento dello speculare”, e dunque del narcisismo: senza l’altro che permette di cogliere un’”alterità”, l’Io non può che continuare a specchiarsi in ciò che gli è identico.

Il soggetto, privato dei suoi legami relazionali, abbraccia cosí il vuoto di un esistenza segnata da un individualismo senza limiti, e nella solitudine della sua precarietà esistenziale, non riesce a sfuggire alle “fissazioni narcisistiche” e all’”imperativo di un godimento assoluto”, incapace di muoversi nella dimensione della socialità/alterità (P. Calzeroni, 2019).

Forse mai come oggi la relazione con l’Altro è stata un’esperienza così dolorosa e sofferta, così intrisa di precarietà, fragilità ed insicurezza. All’individuo che vive in questa società narcisista, dominata da un’ipertrofia dell’Io, non rimane spazio per un’apertura verso le relazioni autentiche. I giorni nostri trovano così uomini prigionieri di un’arida solitudine che li rende orfani del rapporto con gli altri, privi di quella compagnia che sola sa dare significato e sostegno ai loro passi.

Ma non è possibile che nell’ambivalente struttura emotiva dell’individuo moderno non siano presenti anche sentimenti non riconducibili esclusivamente ad un “paradigma utilitaristico”, non sia presente quel senso di mancanza, quel desiderio della presenza, del contatto, della relazione con un altro non più strumentale, ma oggetto del proprio bisogno di legame e di appartenenza.

Ecco che allora, insieme alla fiducia in sé stessi, di dovrá puntare al recupero di un rapporto dialettico tra i propri desideri e quelli altrui, cercando di far sganciare il soggetto da questa logica mortifera anti-relazionale, nella convinzione che l’esistenza individuale abbia valore solo se in rapporto all’altro, visto non solo come “altro da sé” (differente e distinto), ma soprattutto come “altro di sé”, necessario e fondamentale per la propria espressione e realizzazione.

D’altronde l’essere umano è tale proprio perché articolato agli altri sin dalla sua nascita (se non ancora prima, già nel grembo materno) in un “sistema di relazioni complementari”, in rapporto alle quali egli esiste e che hanno origine dallo “stato di non completezza” di un individuo che ha bisogno di trovare nell’altro ciò che gli manca.

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Bibliografia e Sitografia:

-M. Blanchot, La scrittura del disastro. Il Saggiatore, 1980.

-S. Freud, Introduzione al narcisismo, 1914. In “Opere”, Boringhieri, 1975, vol VII.

-S. Freud, Teoria della libido, 1922. In “Opere”, Boringhieri, 1977, vol IX.

– G. Belotti, 2020. http://www.ilconventino.org/autoreferenzialita/

-W. Behary, (2013). Disarmare il narcisista. Sopravvivi all’egocentrico e migliora. Isceri Editore.

– M. Galimberti, 2019. Narcisismo tra sano e patologico. https://www.centropsicologiamilano.com/narcisismo/#:~:text=Il%20narcisismo%20sano%20rimanda%20alla,autoregolazione%20emotiva%20e%20regolazione%20interpersonale.

-L.E. Buffardi & Campbell, WK (2008). Narcisismo e siti web di social networking. Bollettino di personalità e psicologia sociale, 34 (10), 1303–1314. https://doi.org/10.1177/0146167208320061

-Elihu Katz, Michael Gurevitch e Hadassah Haas, On the Use of the Mass Media for Important Things, in American Sociological Review, vol. 38, n. 2, aprile 1973, pp. 164-181

-U. Zona (2015). Narcissus on the net. Narcisismo digitale e seduzione della merce.

– M. Lazzeri, 2019. Il narcisismo digitale e le patologie da iperconnessione. https://www.stateofmind.it/2019/03/narcisismo-patologie-iperconnessione/

-Boursier, V., Gioia, F., & Griffiths, M. D. (2020). Selfie-engagement on social media: Pathological narcissism, positive expectation, and body objectification – Which is more influential? Addictive Behaviors Reports, 11, 100263.

-V. Rosso, 2016. Narcisismo e narcisisti: le antiche origini di un disturbo favorito dall’era digitale. https://www.valeriorosso.com/2016/11/08/disturbo-narcisistico-narcisismo-digitale-narcisista-definizione/

-Codeluppi, V. (2007). La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società. Torino: Bollati Boringhieri.

-M. Agostini, 2017. Il narcisismo digitale: il Sé ideale enfatizzato attraverso i social network. https://www.stateofmind.it/2017/10/narcisismodigitale/#:~:text=La%20congruenza%20o%20la%20discrepanza,sar%C3%A0%20il%20grado%20di%20autostima

-P. Calzeroni, 2019. Narcisismo digitale. Critica dell’intelligenza collettiva nell’era del capitalismo della sorveglianza. Quaderni di Teoria Critica della Società.

-A. Simoncini, A. Adinolfi (a cura di), 2022. Protezione dei dati personali e nuove tecnologie. ESI.

-A. Pajno, M. Bassini, G. De Gregorio, M. Macchia, F. Paolo Patti, O, Pollicino, S. Quattrocolo, D. Simeoli, P. Sirena, 2019. Intelligenza artificiale: criticità emergenti e sfide per il giurista. Bio Law Journal, n. 3.

-G. Sartor, 2022. L’informatica giuridica e le tecnologie dell’informazione: diritti e libertà fondamentali nel digititale. Giappichelli, Torino.

-F. Rose, 2013. Immersi nelle storie. Il mestiere di raccontare nell’era di Internet , Codice edizioni.

-M. Rota, 2019 https://www.crescitapersonale.it/articoli/competenze/comunicazione/social-network-e-bisogno-di-un-pubblico.html

Dott.ssa Pamela Cantarella, Psicologa Clinica, in formazione presso Scuola di Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale, Responsabile Settore Comunicazione Pronto Soccorso Psicologico-Italia