Femminicidio: tra miti culturali e gelosia

A cura del Prof. Mariano Indelicato, Presidente Pronto Soccorso Psicologico-Italia

gelosia e femminicidio

Siamo state amate e odiate,
adorate e rinnegate,
baciate e uccise,
solo perché donne.

(Alda Merini)

Spesso di fronte a una violenza di genere, di un femminicidio viene invocato il movente della gelosia. Dal punto di vista letterario e storico  celebre, per citare qualche  esempio, è l’uccisione di Desmona per mano di Otello e quella di Messalina da parte dell’Imperatore Claudio. Sebbene il movente di ambedue gli omicidi è la gelosia, le modalità di svolgimento e i motivi che stanno alla base sono profondamente diversi.

Desdemona, infatti, muore da innocente (in termini giudiziari diremmo per non aver commesso il fatto) in base alle dicerie di Cassio, mentre Messalina si era resa protagonista di una serie di adulteri. La differenza più evidente, all’apparenza, sembrerebbe nelle motivazioni poiché l’omicidio di Messalina sarebbe più giustificabile rispetto a quello di Desmona. Eppure ad intervenire in ambedue è la gelosia che la Cassazione in una famosa sentenza ha considerato un’aggravante piuttosto che un’attenuante.  Famosa perché dobbiamo ricordare che il delitto d’onore è stato abrogato dal nostro sistema penale non più tardi di 40 anni fa e, precisamente, nel 1981 con la Legge 442 per cui uccidere l’adultera o l’amante per difendere l’onore del proprio nome e dell’intera famiglia  era, dapprima, non punibile e, successivamente, costituiva  una attenuante. Ancora, è bene ricordare che fino al 1968 l’adulterio era un reato punibile con un anno di carcere che poteva arrivare fino a due se la donna era coinvolta in una relazione adulterina.

In ogni caso, comunque,  il femmicidio è legato a forme “d’amore patologico” che non possiamo definire come tale. Nei comportamenti degli uccisori si trovano due elementi che sono presenti nelle forme patologiche:  l’ offensività (il controllo), la difensività (competitività). Nel primo caso, come nel caso di Otello,  la persona agisce in assenza di reali o attuali concorrenti. Nel secondo,  la persona interviene per mantenere il controllo su potenziali “concorrenti” (persone, ma anche situazioni o ambienti) che si profilano, nell’idea che questi elementi possano separarlo dalla persona che ritiene “sua”.  Non è un caso che Flavio, a proposito dell’uccisione di Messalina, fa dire a Claudio: “Vuoi farmi credere che non sono più Cesare! Ma non si toglie così a Cesare il palazzo e i tesori e l’autorità e Venere!”. Messalina, in sostanza, viene uccisa per aver osato sfidare il potere imperiale, il potere maschile.

Il possesso della persona amata crea lo spazio psicologico per la violenza che non è vuoto ma si riempie di simboli, miti e rituali violenti. Il possesso uccide l’altro come persona portatore di pensieri, desideri, interessi, credenze sue proprie. Il possesso è un potente attacco al legame tra due persone poiché, come messo in luce da Cigoli e Scabini,  diventa talmente imperioso da costituire l’unico modo di vivere la vita ed è contraddistinto dall’utilizzo di tecniche quali “quali la seduzione, la minaccia, la delegittimazione,  l’umiliazione, l’opposizione fredda, la corruzione”.

A volte, dietro simili atteggiamenti si cela un disturbo narcisistico di personalità e, tante altre volte, l’errata convinzione che la donna sia un oggetto che i maschi possono utilizzare a loro piacimento. Sebbene alla fine il risultato sia uguale è importante capire se dietro la violenza ci sia un effettiva patologia o, semplicemente, una convinzione trasmessa sul piano culturale. Infatti, la patologia non deve diventare sia un alibi sia un modo per non affrontare sul piano educativo le storture tipiche di alcuni atteggiamenti che considerano la donna come sottoposta ai voleri del maschio. Non tutti i maschi che uccidono sono affetti da patologie. Semmai, dobbiamo fare i conti con delle radicate convinzioni che, ad esempio, considerano la gelosia come un elemento essenziale dell’amore, anzi come parte integrante del romanticismo dell’amore.

Francesco Algarotti, saggista del ‘700, afferma che “la gelosia ha da entrare nell’amore, come nelle vivande la noce moscata. Ci ha da esser, ma non si ha da sentire”. La contessa Maria de Champagne nel “De Amore” di Andrea Cappellano, quasi a voler confermare quanto sostenuto da Algarotti, rispondendo a una richiesta di due in procinto di diventare amanti,   sostiene che  “ …. Chi non è geloso non può amare”. Queste definizioni riportano una visione romantica della gelosia dando voce alle teorie che sostengono che essa è il contraltare dell’amore.

La Dott.ssa Frandina, autrice insieme al Prof. Giusti del libro “Terapia della Gelosia e dell’Invidia, sostiene che  la gelosia romantica è quella “delle ardenti passioni, delle contrastanti emozioni, degli attimi traditi,  del dico non dico, di una verità pubblica e di una menzogna privata. …. È la memoria di odori, è un messaggio rubato, è un gioco di intrecci e di passioni che ci emoziona, ci avvicina all’altro, ce ne allontana.” La visione romantica della gelosia, da non confondere con la gelosia romantica, tende a sottolineare che essa è un elemento essenziale  dell’esperienza amorosa. Spesso il luogo comune ci porta a pensare che se una persona ama tanto non può fare a meno di essere gelosa. Eppure se cerchiamo la definizione di gelosia in un qualsiasi dizionario troviamo che essa è un  “ansioso tormento provocato dal timore di perdere la persona amata ad opera di altri”. 

La gelosia nasce, dunque, dalla paura, non già, come si crede di solito, dall’amore. De Mello sostiene che esistono solo due emozioni: l’amore e la paura. La gelosia, quindi, dovrebbe essere intesa come la paura di amare. In apparenza spesso in psicoterapia, in situazioni di crisi affettive sia matrimoniali che di fidanzamento o convivenza, sentiamo frasi del tipo “gli/le ho chiesto di allontanarsi (o mi sono allontanato/a) per capire se sento il suo bisogno, se sono geloso/a” ed, ancora, “mi sono accorto/a che non è geloso/a e quindi non mi ama”. Spesso l’amore viene confuso con il possesso tant’è che le persone a cui siamo affettivamente legate siamo abituati a considerarle una cosa personale (“la mia ragazza” o “mio marito”, “il mio amico”, “mio figlio”) e ragioniamo, anche senza esserne consapevoli, come se effettivamente ci appartenessero.

Marcel Proust, in contrasto con la visione romantica della gelosia, scrive che “la gelosia è sovente solo un inquieto bisogno di tirannide applicato alle cose dell’amore”. Spesso per ‘amore’ si intende una specie di monopolio, una possessività, senza comprendere un fatto basilare della vita: quando possiedi un essere vivente, lo hai ucciso.

Il Prof. Volterra, autore del libro “La Gelosia il Mostro dagli Occhi Verdi”, sostiene che “lo stereotipo ……. è che la gelosia sia indice di amore quando è invece indice d’insicurezza per chi ce l’ha ed è un sentimento negativo e distruttivo, che fa soffrire sia chi ne è tormentato che la vittima”. Roland Barthes, celebre saggista e semiologo francese, mettendo in risalto la contraddizione tra razionalità e irrazionalità spesso presente nella gelosia, scrive “Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri” (1977). Da un alto, capiamo che l’essere gelosi comporta sofferenza e spesso non aderenza alla realtà, dall’altro, sembra che ci sia una forza invisibile che ci spinge a dubitare, a cercare, ad agire in modo sbagliato, a soffocare chi ci sta accanto.

Il prof. Zino, psicoanalista autore del saggio “Gelosia”, sostiene che “la domanda di analisi può presentare la gelosia come qualcosa da cui vuole difendersi, e rispetto ad essa invoca un argine, al limite una scomparsa; ma insieme avvertiamo con evidenza che la gelosia è ciò da cui il soggetto stesso è più catturato, e non può farne a meno. E’ la sua trappola ma ama il proprio carceriere. E’ la sua identità”. La gelosia, quindi, diventa un modalità patologica con cui si esprime l’amore.  Ed ancora che “il bisogno di avere un senso, un fondamento, non passa più dall’amore ma dal risentimento. Come sappiamo quest’ultimo è una delle figure dell’odio, del lavoro dell’odio. La gelosia non è un discorso dell’amore ………… ma un discorso dell’odio. L’inganno, il sospetto, la malafede, diventano il nutrimento del geloso. Ed allora non sa più parlare d’amore”. Una citazione di Francois de La Rochefoucauld da, meglio di mille parole, la dimensione dello scarto che c’è tra gelosia e amore: “nella gelosia c’è più egoismo che amore”.  

La gelosia non essendo ne “sinonimo” ne “contrario” di amore, è una spinta irrazionale che devasta il legame affettivo e, spesso, produce l’effetto contrario a quello desiderato.  Ecco perché l’invito del Pronto Soccorso Psicologico Italia è di non sottovalutare la gelosia. Essa può diventare devastante per il legame arrivando anche a gesti estremi come la soppressione dell’altro.

Nelle dinamiche legate al femminicidio assume un’importanza fondamentale. In letteratura, infatti, vengono descritti tre forme di gelosia:

  • Ossessiva in cui, come avviene nel disturbo ossessivo compulsivo, si sente il bisogno di controllare continuamente il comportamento dell’altro. Alla base c’è un’idea ossessiva, la paura di essere abbandonato e lasciato dalla persona amata, a cui segue una compulsione costituita, spesso, da lunghi e quotidiani interrogatori, dal controllo della castità dell’abbigliamento del partner, dal controllo della corrispondenza, etc. Essi passano gran parte del loro tempo alla ricerca di comportamenti del partner che possono lenire la sofferenza di una ideazione di una perdita.
  • La Sindrome di Mairet nella quale la gelosia è assimilata ad idee prevalenti in cui il desiderio di possesso e il senso di perdita divengono pervasive e tutta la vita ruota intorno a queste “idee prevalenti”. Alcuni autori hanno definito i soggetti colpiti da questa sindrome come contraddistinti da “iperstesia gelosa” in quanto le idee di gelosia tendono a riempire tutto il campo esperienziale. Questi soggetti, infatti, non sono solo gelosi all’interno delle relazioni di coppia ma anche in tutti gli altri aspetti della vita.
  • La Gelosia Delirante o Sindrome di Otello in cui il soggetto si auto convince dell’infedeltà del partner e va continuamente alla ricerca di elementi che possono giustificare le sue supposizioni iniziali. In questo tipo di gelosia il soggetto non è interessato all’infedeltà del partner ma piuttosto a fargli/le ammettere la sua colpa. La vita di coppia diventa un misto di interrogatori e giustificazioni. Anche quando raggiunge il suo scopo ovvero una confessione, magari non reale ma dettata semplicemente dalla stanchezza di estenuanti interrogatori, l’ansia non si placa ma continua con la stessa intensità. Per quest’ultima caratteristica il presupposto di questo tipo di gelosia sembra essere la propria autoaffermazione con il contemporaneo annullamento dell’altro/a.

In tutte e tre le forme che possono essere anche miste o evolversi lungo un continuum è sempre presente la possibile soppressione dell’altro in modo da ridurre l’angoscia e il dolore derivante dai vissuti conflittuali. Il Pronto Soccorso Psicologico Italia è pronto con i suoi professionisti a dare supporto sia alle persone gelose sia ai loro partner ed a evitare che la gelosia diventi un dramma familiare che può e, tante volte, sfocia in tragedia. La violenza si può fermare attuando la necessaria prevenzione e, soprattutto, conoscendo i segnali premonitori che vanno immediatamente segnalati attraverso richieste di aiuto.

Prof. Mariano Indelicato, Presidente PSP-Italia