Femminicidio: il ruolo della donna nella storia

A cura del Prof. Mariano Indelicato, Presidente Pronto Soccorso Psicologico-Italia

la donna nella Storia

“Per tutte le violenze consumate su di lei,
per tutte le umiliazioni che ha subito,
per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le sue ali che avete tarpato,
per tutto questo:
in piedi, signori, davanti ad una Donna!”
(WILLIAM SHAKESPEARE)

 

Ripercorrere il ruolo delle donne nelle varie culture può senz’altro spiegare la formazione di miti e di realtà che sono entrate all’interno dell’immaginario collettivo e che da la dimensione di come i radicali mutamenti avvenuti nella condizione  di vita femminile, del riconoscimento della piena capacità delle donne di essere titolari di diritti soggettivi e di esercitarli, della conquista della parità formale con gli uomini non hanno del tutto cancellato il retaggio di una cultura discriminatoria.

Discriminazioni che affondano le loro radici nella cultura che costituisce il contesto all’interno del quale si sviluppano leggi e regole non scritte che trasmettendosi di generazione in generazione arrivano a guidare, al di là dei buoni propositi,  i comportamenti individuali.

Già Freud considerava l’inconscio il sedimento dell’eredità filogenetica così come Scabini e Cigoli, nell’ambito degli studi sul famigliare,  individuano nell’inconscio la sede delle trasmissioni generazionali. Non nasciamo dal nulla ma siamo frutto di ciò che ci è stato trasmesso.

Lo studio e l’analisi delle condizioni femminili forse danno senso e spiegano molti degli atteggiamenti attuali nei confronti della donna ivi compreso, nelle sue estreme conseguenze, il femminicidio. E’ nelle nostre radici culturali greco-romane-ebraiche-critiane, dunque, che vanno ricercati non solo “il mondo delle relazioni interne” ma anche il “mondo delle relazioni sociali e generazionali che sono tra loro correlati e non c’è un privilegio di un mondo sull’altro” (Cigoli). Trovando  questi mondi, inoltre, rappresentazione all’interno dell’inconscio non vi è dubbio alcuno che il NOI anticipi l’IO e quest’ultimo, traendo forza ed energia, si modella sul primo. E’ per questo motivo che in questo lavoro voglio affondare all’interno delle radici culturali trasmesse dalle generazioni precedenti.  

La  donna a Roma aveva il ruolo di gestire e tenere in ordine la domus. In un necrologio su un sepolcro di una donna particolarmente virtuosa si legge: casta fuit, domum servavit, lanam fecit (era casta, custodiva la casa, lavorava la lana). Le donne venivano educate a svolgere questo ruolo e si sposavano abbastanza giovani (meglio dire bambine visto che, ad esempio, Ottavia si fidanzò con Nerone all’età di 7 anni per poi sposarsi a 11) perché si credeva che dovevano pian piano imparare a svolgere le mansioni nuziali. Sul piano generazionale e della discendenza, inoltre, le donne servivano per poter dare una continuità alla stirpe. Ottavia venne ripudiata da Nerone in quanto sterile ed incapace di dargli un figlio. Al di là delle nefandezze di Nerone, egli potè fare questo atto grazie al principio sancito dalle leggi di Roma per cui il marito o la moglie potevano ripudiare il/la consorte. Tra l’altro è risaputo che il figlio doveva essere maschio in quanto la nascita di una figlia femmina veniva considerata una disgrazia. Seppure appaiono quanto meno curiose queste affermazioni, i loro principi hanno attraversato e continuano ad attraversare la storia dell’umanità. Ancora oggi, come ieri, la nascita del figlio maschio costituisce motivo di orgoglio per la famiglia. 

Il figlio permette la continuità della stirpe e della trasmissibilità del cognome. Sono tanti i casi, nel corso della storia, di mogli, soprattutto nelle famiglie reali, non in grado di dare un figlio maschio al consorte. La responsabilità veniva data ingiustificatamente alle donne quando, biologicamente, è il maschio deputato a trasmettere il cromosoma Y.  L’importanza data al maschio come continuatore della stirpe gli ha fatto assumere il ruolo patriarcale che per tanti secoli ha costituito la base delle relazioni coniugali. Il maschio poteva disporre della donna a suo piacimento. Ella doveva assumere il ruolo di custode della casa e si doveva occupare dell’educazione dei figli

In tutte le culture antiche, in particolare in quella ebraica, la donna è tentatrice ed essendo tale deve essere attentamente controllata in quanto preda delle sue passioni emotive senza nessun controllo di tipo razionale. Eva si fa tentare dal serpente e, malgrado, il divieto accetta la mela dell’albero della felicità con la quale fa cadere in peccato  Adamo. Il serpente rappresenta il diavolo tentatore da cui la donna si fa ammaliare.  Ulisse, nell’Odissea, ordina che gli uomini si legassero per non cadere vittime delle tentazioni delle sirene. Cleopatra ammalia il triunviro Marco Antonio decretandone la sua fine.  Aristotele ha identificato la donna con la materia, ovvero con la corporeità, escludendola dal “logos”, dal dominio della ragione. La carnalità, inoltre, la rendeva impura e doveva sottoporsi a una serie di riti di purificazione soprattutto dopo il periodo mestruale. Nella religione ebraica una donna sposata dopo la conclusione del suo periodo di niddah a seguito di mestruazioni o altra sanguinazione uterina, nel riprendere i suoi rapporti coniugali doveva immergersi e lavarsi dentro una particolare vasca o piscina purificatrice.

Essendo tentatrice e portatrice di peccato la donna andava  educata con l’imposizione di regole rigide come nell’islamismo in cui non poteva mostrare la sua corporeità e doveva indossare il burqua o, peggio ancora, essere sottoposta all’infibulazione.   E non solo, le irregolarità sessuali andavano puniti attraverso la lapidazione. I maschi facendosi forti del loro rapporto esclusivo con il sacro in un “un rapporto fecondo, nuziale, fra l’uomo-maschio e Dio” imponevano le regole a cui le donne erano sottoposte. 

E’ Gesù di Nazareth, il massimo rappresentate del sacro che si fa uomo e scende fra gli uomini, a sconvolgere alcuni di questi principi. Di fronte alla lapidazione per adulterio, come era usanza nella cultura ebraica, ferma le pietre dei suoi aguzzini dicendo “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Non basta, comunque, solo questo gesto per comprendere quanto Gesù abbia inciso nel cambiare il ruolo che la cultura ebraica assegnava alle donne e ai legami di stirpe.  La legge del levirato, ad esempio,  prevedeva che una donna che rimaneva vedova senza figli doveva sposare il fratello del marito ed il primo figlio nato da questo nuovo matrimonio era legalmente figlio del marito morto.  Gesù incide su  questa regola nel momento in cui si commuove davanti alla vedova di Nain la quale aveva un solo figlio e per la quale lui compie il più grande dei miracoli: la risurrezione. Senza questo miracolo la vedova, senza più figli maschi, sarebbe stata costretta a sposare il fratello del marito morto. Il perdono alla prostituta Maria Maddalena che si prostra ai suoi piedi lavandoglieli con le sue lacrime e asciugandoglieli  con i suoi capelli, cosi come l’episodio con la samaritana costituiscono ulteriori elementi della valorizzazione delle donne compiuta da Gesù. Emblematico è anche il miracolo della figlia di Giairo, il capo della Sinagoga: “Gesù si commuove di fronte ad una persona, ad un maschio, che si dispera per la morte di una figlia femmina”(Magli).

La valorizzazione della donna nel cristianesimo trova la sua massima espressione in Maria, mamma di Gesù. La donna ebraica era impura: Maria è la donna “pura” per eccellenza e in quanto mamma del Signore è oggetto di venerazione. Maria, comunque, come ci mette in guardia Ida Magli, è si un simbolo di rottura con la cultura ebraica ma rimane sempre un simbolo della donna nella storia. Il valore della verginità, che tanta parte ha avuto nelle relazioni familiari e coniugali, viene esaltata proprio nel nome di Maria. Al contrario, però di ciò che sostiene sempre la Magli, Maria in quanto mamma di Gesù è sposa di Dio. Questa non è una rottura da niente poiché fino ad allora erano gli uomini che sposavano Dio offrendo in dono una donna vergine. Anche oggi le suore si definiscono come Maria spose del Signore.  Altri due aspetti presenti in Maria rompono la tradizione ebraica sulla visione della donna. Maria nasce senza peccato originale, non ha bisogno di essere battezzata. Nell’antico testamento è stata Eva a farsi tentare dal serpente e a tentare Adamo causando la cacciata dal paradiso terreste: Il serpente striscia ai piedi di Maria che gli schiaccia la testa. Sul piano generazionale Maria rappresenta la redenzione di Eva. La donna è portatrice di valori morali ed ha un contatto diretto con il sacro non più mediato dal maschio. Inoltre, il corpo tentatore diventa beato e sacro: “Ave Maria piena di grazia e beata fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno Gesù ….”.

Il corpo della donna inneggiato, corteggiato, dileggiato, straziato, violentato nel corso della storia in effetti è sacro poiché mette in contatto con i misteri di ciò che viene prima  e quello che viene dopo. Esso è il generatore della vita: “il bambino è di fatto percepito, più o meno chiaramente, in tutte le società, come un essere misterioso, che viene dal mondo di-là, prima della vita, che è lo stesso mondo di-là del dopo la morte e garantisce la sua presenza , che c’è comunicazione ed osmosi fra i due mondi” (I. Magli). Tutto ciò passa attraverso la vagina, attraverso quell’orifizio che contiene in sé il mistero della vita in grado di mettere in contatto con il sacro.

E’ da questa mancanza, dalla frustrazione di non poter generare la vita nasce il desiderio dell’uomo-maschio di possedere la donna che è insieme anche punizione: ti castigo per avere ciò che io non posso possedere. E’ per tale motivo che ha avuto il bisogno di costruire una cultura in cui la donna oltre ad essere oggetto di desiderio è, nello stesso tempo, il contenitore di tutte le arti diaboliche: adultera, strega, befana, puttana, etc.. E’ un disperato tentativo di risolvere un’inferiorità, una mancanza  che rende il maschio fortemente insicuro. Più forte è la frustrazione più forte diventa il desiderio di mostrare la sua presunta superiorità. E’ la voglia di entrare a contatto con il sacro che lo ha spinto e lo spinge ad essere il primo ed unico possessore del corpo femminile. Non sono casuali le follie che lo spingono a possedere una vergine con le tante imposizioni e restrizioni che sono state imposte alle donne nel corso dei secoli. Ancora oggi si svolgono aste milionarie accanto alla verginità femminile, come prima le donne non vergini potevano essere ripudiate la prima notte di nozze o lo ius primae noctis di diretta derivazione feudale.  Nei riti agli Dei si offrono donne vergini e non contaminate affinchè il contatto con il sacro sia esclusivo.

Se il contatto con il sacro passa attraverso quell’orifizio, la sua contaminazione come nell’adulterio scatena la folle rabbia omicida della lapidazione o l’uccisione della donna colpevole di non aver custodito all’uomo maschio questo privilegio. La cura della casa diventa metafora e sinonimo dell’essere custode di ben altri segreti: la donna deve conservare all’uomo maschio il contatto con la sacralità della vita. 

Se dietro i femminicidi si nasconde il possesso fino ad arrivare all’eliminazione dell’oggetto del desiderio, non possiamo tenere conto di quello che viene dalle generazioni precedenti che costituisce il contesto che da significato alle nostre azioni quotidiane anche quelli più efferati.

Il Pronto Soccorso Psicologico Italia è impegnato ogni giorno a far prendere coscienza che le relazioni tra maschio e donna devono essere contraddistinti dalle considerazioni di Aristofane nel Simposio di Platone attraverso le quali la sacralità della vita va trovata nell’unicità di provenienza dei due sessi. La forzata separazione tra maschio e donna ha comportato che essi siano continuamente alla ricerca dell’altra metà per completarsi e ritrovare l’originaria unicità. La ricerca è guidata da una forza chiamata Eros. Solo educando all’amore si possono eliminare le storture che hanno contraddistinto la storia della donna. Eros, secondo Socrate, è un demone che si situa a metà strada tra Dio e gli uomini ed è il mezzo con cui mettersi in contatto con il sacro.  Affidarsi all’amore è il solo mezzo con cui poter proiettare la propria esperienza all’interno della sacralità.

Prof. Mariano Indelicato, Presidente PSP-Italia