Caregivers e Terza Etá

A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico-Italia, Agrigento

Caregivers

Prova ad essere un arcobaleno

nella nuvola di qualcuno” 

(Maya Angelou)

La realtà odierna ci mette di fronte ad un dato ambivalente: ogni mese, nel mondo, vi sono 795.000 anziani in più.
Questo grazie ai progressi della medicina e allo sviluppo di nuovi farmaci sia curativi che preventivi; ma è innegabile che ciò significa anche che la Terza Età deve essere gestita tanto, se non di più, delle altre fasce di età.

Spesso gli anziani, con il sopraggiungere di alcune patologie richiedono l’assistenza dei familiari che li circondano: figli, nipoti, nuore, generi. Sono coloro che si occupano dell’anziano durante le visite, gli spostamenti, le cure, l’assistenza domiciliare. Ecco che sorge una nuova figura, di vitale importanza, il “caregiver”.

Il termine anglosassone caregiver, letteralmente significa “donatore di cura” e, come suggerisce la traduzione, con questo termine si designano i familiari, i parenti, gli amici di una persona anziana e/o non autosufficiente che la aiutano a svolgere le normali attività della vita quotidiana, spesso assistendola tutto il giorno e tutti i giorni, in virtù di forti legami affettivi e sentimentali.

Le persone coinvolte nella relazione, il caregiver e l’anziano assistito, hanno pari dignità ma vivono in una situazione di grande disparitá.
Le attività svolte dal caregiver consistono nel prestare cure e sostegno a persone non più in grado di svolgere le cosiddette “attività della vita quotidiana”, che possono essere suddivise in basilari -come alimentarsi, lavarsi, vestirsi, usare la toilette, muoversi in casa etc.- e strumentali -quali usare il telefono, fare acquisti, preparare il cibo, governare la casa, lavare la biancheria, spostarsi fuori casa, maneggiare medicinali e denaro-.

Sempre più spesso il caregiver familiare è impegnato anche nel fornire prestazioni a carattere sanitario, sulla base di specifiche indicazioni degli operatori sanitari di riferimento. Da non dimenticare, inoltre, la gestione difficile e faticosa della persona assistita in presenza di disturbi mentali e comportamentali.
Gli impegni assistenziali, insomma, sono innumerevoli, con forti differenze tra un caso e l’altro, sia per la gravosità, sia per la durata dell’impegno.

I caregivers sono quindi coloro che supportano l’anziano in difficoltà e che si ritrovano a dover sostenere un carico assistenziale a volte molto impegnativo. Tale carico non è sempre facilmente gestibile e può provocare un forte stress e la sensazione di non riuscire a fare fronte alle richieste che il compito di cura comporta.

Tra i fattori che sono risultati essere determinanti nell’insorgenza di una sintomatologia depressiva nel caregiver sono le interazioni sociali negative e una rete sociale limitata.
Il caregiver, concentrando le proprie attenzioni sul familiare assistito, tende a mettersi in secondo piano e a non tenere conto dei propri bisogni, esponendosi così al rischio di accumulare un eccessivo carico di stress che ricade poi nella sua quotidianità, nelle relazioni con gli altri e con l’assistito.

Farsi carico di qualcuno implica assumersi responsabilità e svolgere attività a cui spesso non si è preparati e a cui bisogna abituarsi. Questa assistenza continua causa un esaurimento nel caregiver, ma allo stesso tempo suscita angoscia e un sentimento di colpevolezza quando non si è a disposizione dell’altra persona.
Ciò può sfociare in ansia, depressione, isolamento, disturbi del sonno e, soprattutto, stanchezza fisica e psichica.
Le condizioni del caregiver, dunque, non vanno in alcun modo sottovalutate: spesso il rischio è quello di focalizzarsi esclusivamente sul malato senza prestare troppa attenzione al quadro più generale, ovvero la famiglia.

Secondo Taccani (1994) la famiglia può sperimentare, nel tempo, processi di adattamento alla malattia del congiunto attraverso varie fasi:
-La negazione, in cui i familiari tendono a scusare gli atteggiamenti del congiunto, attribuendo i cambiamenti al normale processo di invecchiamento, allo stress, ecc..
-Il coinvolgimento eccessivo, in cui i familiari cercano di compensare i deficit dell’anziano man mano che il declino si manifesta più chiaramente con comportamenti specifici.
-La collera, in cui i familiari sperimentano sentimenti di rabbia per l’onere fisico, le difficoltà e le frustrazioni derivanti dal comportamento dell’anziano.
-I sensi di colpa, che si accentuano nel momento in cui si decide di affidare l’anziano ad una casa di riposo o alle cure di una persona esterna alla famiglia. Spesso i sensi di colpa sono la conseguenza dell’insofferenza del familiare verso alcuni atteggiamenti del malato.
-L’accettazione, che si attua lentamente nel tempo e avviene dopo un periodo prolungato di angoscia, poiché i familiari sentono di avere perso la persona che conoscevano.

ln genere, il livello di coinvolgimento ed il ruolo che la famiglia gioca nella cura dell’anziano dipendono, oltre che dal tipo di malattia, anche dalla qualità delle relazioni e dalla struttura della famiglia stessa, e sono da tenere presenti nell’avvio del piano assistenziale che dovrebbe porsi come obiettivo la realizzazione di un’”unità di cura”.

Il caregiver che si trova a dover seguire una persona per un periodo presumibilmente lungo, ha quindi necessità di apprendere preventivamente tecniche psicologiche e infermieristiche, capaci di migliorare sia la relazione sia il lavoro, e che permettano di affrontare positivamente le situazioni problematiche in cui si troverà coinvolto.
ln assenza di una preparazione adeguata si osservano frequentemente fra i caregivers, come già accennato, sintomi di depressione e scoraggiamento, fino all’insorgere di patologie psichiatriche.

Esistono fattori che possono “proteggere” il caregiver dall’eccessivo stress e che contribuiscono ad aumentare il senso di benessere diminuendo i sintomi depressivi.
ln questo senso il sostegno sociale gioca un ruolo fondamentale, così come il tentare in tutti i modi di evitare di annullare la propria vita sociale. È importante infatti per il caregiver continuare a godersi il più possibile il proprio tempo libero. Riuscire a farlo si ripercuote positivamente sul suo stato d’animo, e risulterà più facile assumersi il difficile incarico di assistere un anziano non autosufficiente.
Per migliorare le condizioni dei caregivers, dunque, risulta essere utile intervenire da un lato incentivando interventi che mirino a ridurre le restrizioni nel tempo personale, e dall’altro dando ai caregivers la possibilità di usufruire di un sostegno psicologico individuale con cui poter affrontare lo stress psicofisico connesso alla mansione.

Il caregiver di fatto, si preoccupa, è protettivo, accudisce il proprio caro. Nella fase iniziale di questo nuovo ruolo, subisce un processo di “adattamento” alla nuova realtà. Probabilmente si è ritrovato in questa nuova situazione da un giorno a un altro, e per amore e solidarietà ha affrontato e sta affrontando importanti rinunce.

Frequentemente si verificano un drastico cambiamento dello stile di vita, con la rinuncia al tempo libero e alla vita sociale e di relazione, e diversi tipi di restrizioni rispetto all’attività professionale svolta (che in alcuni casi limite si traducono in perdita del posto lavoro).
I desideri e i bisogni personali passano in secondo piano, se non sono del tutto annullati, a beneficio della persona cara e delle sue esigenze.

L’assistenza informale viene prestata il più delle volte sulla base di motivazioni affettive e legami emotivi, a cui sono generalmente associati sentimenti positivi, ma le numerose situazioni di difficoltà in cui ci si può trovare possono generare stati d’animo negativi.
La mancanza di supporto emotivo, la solitudine, le incomprensioni sono spesso la cornice di riferimento che rende faticosa e problematica l’esperienza personale del caregiver, con conseguenze negative per sé stessi e per la persona assistita. Si tratta di situazioni ed esperienze che incidono profondamente sulle capacità di resilienza del caregiver, il più delle volte chiamato a “rimodellare”, a fatica, i propri equilibri esistenziali.

Diventa quindi fondamentale aiutare queste figure a fronteggiare il livello di stress e il disagio psicologico derivante del gravoso carico assistenziale, favorendo dei cambiamenti funzionali nel rapporto con la persona assistita, che possano “alleggerire” i caregivers soprattutto a livello emotivo, così da poter avere una vita propria soddisfacente e prevenire fenomeni di burn out.

Questo è ciò che i professionisti del Pronto Soccorso Psicologico-Italia sono pronti a fare, intervenendo a sostegno e supporto dei caregivers familiari, accompagnandoli sin dagli esordi della malattia del proprio caro e per tutte le fasi della stessa, in modo da costruire insieme strategie più idonee a poter star bene all’interno dell’esperienza che si sta vivendo.

Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica,
Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico-Italia,
Agrigento